Verso la decarbonizzazione Più impulso alle rinnovabili

Nel 2015 l'elettricità prodotta in Italia grazie a fonti non fossili è stata il 39%. Solare, eolico e biometano

Riccardo Cervelli

La lotta ai cambiamenti climatici, che tanti danni stanno provocando nelle economie e nelle vite delle persone, passa dalla decarbonizzazione. Muoversi verso una civiltà low-carbon, a vantaggio soprattutto delle generazioni future, significa innanzitutto ridurre le emissioni del principale del gas serra, la CO2. La decarbonizzazione si ottiene con la riduzione dell'uso dei combustibili fossili e con l'aumento dell'utilizzo dell'elettricità, dalla quale, peraltro, oggi dipende il funzionamento di quasi tutte le tecnologie.

Ma come si produce l'elettricità? In Europa la maggior parte di questa energia, secondo Eurostat, si genera con fonti energetiche non rinnovabili quali nucleare, gas, petrolio e carbone.

Nel 2015 il fabbisogno di elettricità nei Paesi europei è stato soddisfatto solo per il 33,5% con lo sfruttamento di fonti rinnovabili come idroelettrico, fotovoltaico, bioenergie, eolico e geotermico.

Sotto questo punto di vista, sempre nel 2015, l'Italia si è dimostrata molto virtuosa, con una percentuale di elettricità prodotta con renewables pari al 39%. Anche per quanto riguarda il soddisfacimento della domanda energetica in generale (oltre quella elettrica) l'Italia è riuscita a surclassare le altre maggiori economie europee con una quota di energie rinnovabili pari al 17,5% del mix complessivo. Un valore che è risultato addirittura superiore di mezzo punto rispetto all'obiettivo del 17% fissato dall'Europa per il 2020.

Si può quindi riposare sugli allori? Non tanto. Il nuovo obiettivo della Ue per il 2030 è del 27% di contributo delle rinnovabili nella risposta alla domanda energetica. Per quanto riguarda il settore elettrico, una grossa fetta della produzione italiana nel 2015 è stata ottenuta con l'idroelettrico tradizionale (22% contro il 17% delle altre renewables), una fonte che ormai ha raggiunto la sua saturazione.

Se si vuole proseguire nella strada della decarbonizzazione, serve valorizzare le altre rinnovabili, a partire dal fotovoltaico, dall'eolico e dalle biomasse (rifiuti urbani, scarti di attività agricole, alghe, ecc, con cui si può produrre calore e biometano).

La Strategia energetica nazionale (Sen) recentemente approvata dal governo mira a raggiungere una quota di energia da rinnovabili pari al 28% entro il 2030. A questo risultato si arriva innalzando il contributo delle renewables al 55% nel settore elettrico, al 30% negli usi per riscaldamento/raffrescamento e al 21% nei trasporti. Per quali obiettivi? Oltre alla decarbonizzazione, spiccano anche l'aumento della competitività dell'economia e quello della sicurezza energetica.

Entrambi si possono raggiungere solo con la riduzione dei costi energetici, la diversificazione delle fonti e una maggiore flessibilità e efficienza delle infrastrutture. Per vincere queste sfide non si può prescindere da un impegno collettivo a superare la cosiddetta «sindrome Nimby (Not-in-my-backyard)», per cui tutti sono d'accordo a decarbonizzare, modernizzare e efficientare, ma senza cantieri e modifiche (che spesso sono solo temporanee) nel proprio territorio.

L'Osservatorio Media Permanente Nimby Forum ha censito nel 2016 in Italia 359 impianti contestati, con un più 5% rispetto all'anno precedente.

Sulle prime due piazze del podio dei settori più colpiti si situano il comparto energetico (56,7%) e quello dei rifiuti (37,4%): quelli la cui modernizzazione, tra le altre cose, garantirebbe la creazione di molti nuovi posti di lavoro qualificati.

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