Il vertice I tre leader a cena dopo 18 mesi: «È la resa dei conti»

RomaI numeri sono quasi sempre impietosi e per l’occasione raccontano che di un faccia a faccia a tre tra Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto Bossi non si ha memoria dal 16 aprile 2008. Oltre un anno e mezzo di black out, dunque. E certo non solo per i troppi impegni di governo ma anche perché negli ultimi mesi le frizioni interne alla maggioranza non sono mancate. Così, la cena di stasera - probabilmente a Montecitorio - assume per certi versi il carattere del redde rationem, visto che il Cavaliere è deciso non tanto e non solo a chiudere o quasi la partita delle regionali ma soprattutto a spazzare via dal tavolo tutti i dubbi che da giorni aleggiano su un rilancio dell’azione di governo. Che il premier vuole con forza in nome di «un programma di governo che abbiamo tutti sottoscritto e sul quale non esistono alternative». Parole, queste, rivolte qualche giorno fa in privato a Giulio Tremonti mentre il ministro, conti alla mano, sottolineava lo stato del debito pubblico. Ma dirette anche a Gianfranco Fini che, raccontano gli uomini più vicini a Berlusconi, «mentre è in corso un vero e proprio assedio al Cavaliere continua con i suoi troppi distinguo e molti paletti».
Il presidente del Consiglio, insomma, è intenzionato ad aprire il menù della serata con un chiarimento tout court sulla necessità di andare avanti e rilanciare l’azione di governo. Discutiamo, mediamo e trattiamo - sarà il succo del suo ragionamento - ma poi prendiamo una decisione e andiamo fino in fondo senza esitazioni perché l’unica alternativa sono le urne. Un modo per far capire agli altri due azionisti di maggioranza del centrodestra che non ha alcuna intenzione di farsi «cuocere a fuoco lento». È da aprile, infatti, che Berlusconi si sente sulla graticola, oggetto un giorno dopo l’altro di un affondo diverso: dal caso Veronica al Noemigate, dalle foto a Villa Certosa alla polemica sui voli di Stato, dalla campagna di Repubblica fino alla D’Addario, passando per la bocciatura del Lodo Alfano e la sentenza di risarcimento contro Mediaset a favore della Cir di Carlo De Benedetti. Un accerchiamento dal quale il premier è convinto di poter uscire solo riprendendo in mano le redini del governo: riforma della giustizia, riforma federale, taglio dell’Irap e campagna elettorale per le Regionali.
Il tutto condito da una massiccia presenza all’estero, tanto che la sua agenda - solitamente definita settimana per settimana - conta già appuntamenti fino a febbraio: il ventennale della caduta del Muro a Berlino lunedì prossimo, una quattro giorni in Emirati Arabi, Arabia Saudita e Qatar a fine novembre, il congresso del Ppe a Bonn, il Consiglio europeo a Bruxelles e il vertice sul clima a Copenaghen a dicembre, una tre giorni in Israele a febbraio. Un segnale anche rispetto ai magistrati di Milano che dopo la bocciatura del Lodo Alfano hanno ripreso il processo per i diritti tv di Mediaset. Non è un caso che proprio ieri i legali del Cavaliere abbiano presentato un’istanza di legittimo impedimento per l’udienza del 16 novembre visto che in quella data Berlusconi - che «intende partecipare ad ogni udienza dibattimentale» - è «impegnato nel vertice mondiale sulla sicurezza alimentare che si terrà a Roma alla presenza di capi di Stato e di governo».
Quello tornato ieri a Roma dopo quasi due settimane di assenza, dunque, è un Berlusconi decisamente agguerrito e pronto a parlare chiaro con gli alleati. Bossi lo ha già sentito in questi giorni e nonostante la Lega nutra qualche perplessità sul progetto di prescrizione breve (non tanto nel merito della cosa, quanto sul metodo da seguire) la quadra alla fine salterà fuori. Anche perché il Senatùr punta tutto o quasi sulle Regionali, dove lo schema più probabile continua ad essere quello per cui il Carroccio si porta a casa Veneto e Piemonte con l’ipotesi Lombardia che non è però del tutto accantonata. Più complessa sarà la partita con Fini, che anche sul fronte riforme chiede con insistenza un coinvolgimento dell’opposizione sul quale il premier è sì disponibile ma totalmente scettico. E che sul capitolo giustizia non ha mai nascosto distinguo e perplessità.
Una partita complessa, dunque.

Che secondo Paolo Bonaiuti si risolverà però senza problemi. «I tre leader s’incontreranno e decideranno», spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Convinto che «la quadra si troverà e tutto filerà liscio».

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