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Il vescovo di Montecarlo: «Ranieri per noi è già santo»

Bernard Barsi: «Sarei felice di accogliere la sua causa di beatificazione. Ha vissuto la sua fede portando Dio nel Principato»

Margherita Enrico

da Montecarlo

Nelle chiese del Principato i ceri bruciano lentamente e le fiammelle si riflettono nei vetri che coprono la sua immagine listata a lutto e davanti alla quale, ogni giorno, centinaia di fedeli pregano. Non accade frequentemente che un sovrano venga «venerato» come un Santo. Eppure a poco più di un mese dalla sua morte, il ricordo di Ranieri scalda il cuore e l’anima dei monegaschi.
Ne parla con il Giornale l’Arcivescovo del Principato, Bernard Barsi. «Durante la malattia del principe e dopo la sua morte si è creato un clima di preghiera particolarmente coinvolgente. I monegaschi gli erano molto affezionati e in tutto questo c’è qualcosa di veramente toccante e speciale. La gente lo piange come fosse stato un padre, forse perché la sua vita è stata un continuo esercizio di carità verso Dio e verso il prossimo. Ranieri è stato molto di più di un sovrano. È stato una uomo esemplare, un testimone, un punto di riferimento per ogni uomo di fede. Ufficialmente non mi è ancora stata presentata la richiesta per la causa della sua beatificazione, ma se accadrà la accoglierò con gioia».
Ne parla come di un santo...
«Sono santi coloro che sanno dare tutto, senza scendere a compromessi e non si accontentano di sentimenti o mezze misure. Essere veri cristiani non significa andare alla messa solo la domenica, ma vivere la propria fede nella vita di tutti i giorni. In ogni attimo della vita del principe c’era la ricerca della volontà di Dio. Con l’inserimento dell’articolo 9 nella Costituzione ha voluto non solo che il cristianesimo fosse religione di Stato, ma ha voluto anche che le istituzioni fino alle scelte del governo fossero improntate al cristianesimo. Non aveva paura di dimostrare la sua fede».
Il vostro primo incontro?
«Capii subito che era un uomo che andava al di là di quelli che potevano essere confini politici e sociali. Mi parlò subito dei problemi della fede, della Chiesa dimostrando tutta la sua disponibilità e capii che quella era la cosa più importante della sua vita. Poi accadde un episodio curioso che dimostrò la sua grande semplicità davanti a Dio. Gli parlai di una grande festa che si sarebbe svolta al Santuario Le Laghet, sopra Nizza, in occasione del centenario dell’incoronazione della statua della Vergine. Con grande sorpresa quel giorno arrivò accompagnato da figlio Alberto: restarono tutto il giorno a pregare».
Prima della morte di Ranieri non si è mai è parlato della sua fede, perché?
«Perché era una persona molto riservata. I propri sentimenti li viveva in privato, ma intensamente, cercando di concretizzarli. La santità di una persona non è qualcosa di astratto su cui esprimere giudizi, ma qualcosa di vitale che sperimentiamo quando la incontriamo. Il principe Ranieri era un uomo di grande preghiera e affidava a Dio ogni suo gesto. Un giorno mi disse “Sono Principe di Monaco per grazia di Dio. Dio mi ha dato questa missione e devo governare per il bene di tutti”. Aveva verso il prossimo, verso i suoi sudditi un amore che non conosceva limiti. Per questo attirava a sé un grande numero di persone, perché era capace di dare aiuto, consolazione e fiducia. Molti pensano che il suo primo interesse fosse la situazione economica del Paese, ma il primo posto nel suo cuore lo avevano i sofferenti e i problemi umanitari».
Un esempio?
«Durante il suo regno ha aiutato molto la Chiesa, le missioni, i poveri, trasmettendo ai suoi figli lo stesso amore per il prossimo. Non c’è stato Natale o Pasqua in cui egli non abbia fatto recapitare (a volte anche direttamente dai suoi figli) regali ai bambini poveri o alle famiglie bisognose. Pregava molto per gli ammalati. Nessuno lo sa ma quando era ancora in vita la principessa Grace adottarono 10 bambini rimasti orfani di madre. I principi si presero cura di loro, li aiutarono a crescere, portandoli spesso in vacanza: tentavano di colmare il il vuoto che la perdita della loro mamma aveva lasciato loro».

Si è parlato anche di una possibile beatificazione della Principessa
«L’ho sentito dire. Grace era una donna eccezionale. Non si può conoscere Ranieri se non si conosce la principessa. Erano profondamente uniti ed è normale associare il desiderio della beatificazione dell’uno a quello dell’altro. Non voglio sembrare blasfemo, ma per i giovani di Monaco il principe era un specie di Papa. Tutti lo volevano toccare, stargli vicino parlare con lui, fargli domande. E lui ascoltava tutti, pregava con la gente. Anche quando era già sofferente per la malattia».
Ha inciso il forte legame con Papa Giovanni Paolo II?
«Tra Ranieri e Wojtyla c’era un rapporto speciale, di profonda comprensione e amicizia.

Anche negli ultimi giorni della sua vita si interessava spesso delle condizioni di salute del Papa e Giovanni Paolo II informato delle condizioni di Ranieri gli inviò una speciale benedizione. Si sentivano uniti nella loro missione apostolica e non staccavano mai lo sguardo dalla dignità che Dio ha donato a ogni persona».

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