Il veto della sinistra spegne i «due forni» di Casini

RomaHa fatto un «progetto riformista» con Massimo D’Alema. Ha puntato tutto su un candidato del Pd alla presidenza della Regione Puglia, Emiliano, ma non ha avuto fortuna né con il progetto né con l’uomo. Il tentativo di creare un ponte tra i centristi e il Pd passando per il líder maximo lo ha ammesso lo stesso Pier Ferdinando Casini in un’intervista al Messaggero. Lo stop, invece, è nei fatti ed è un colpo duro alla cosiddetta politica dei due forni.
La rinuncia di Michele Emiliano dopo l’offensiva degli alleati del Pd, rende sempre più difficile una collaborazione tra centristi e sinistra. L’inevitabile impallinatura del candidato Pd (la cui giunta è già sostenuta dall’Unione di centro) per le resistenze della sinistra radicale e, più in generale, le difficoltà delle opposizioni a trovare leader da contrapporre al centrodestra sarebbero state grane di esclusiva pertinenza di Pier Luigi Bersani, se i centristi non fossero entrati a pieno titolo nelle beghe del Pd.
Lo ha ammesso lo stesso Casini: «Quello che sta accadendo in Puglia ha una valenza enorme, è di una gravità incredibile che va ben oltre il braccio di ferro tra due persone. Sembra di essere tornati al post ’68». Tentano «di bloccare la libera scelta di un partito facendo scendere in campo i propri militanti. È una cosa di una violenza morale inaudita». Il riferimento è alle manifestazioni dei militanti pro Nichi Vendola che hanno bloccato la candidatura del sindaco di Bari alla regione.
La regione meridionale è stato un esperimento politico di valenza più ampia. Casini ci teneva e lo dice chiaramente: «Emiliano - spiega - guida una giunta dove c’è anche l’Udc. Noi abbiamo lavorato con D’Alema per un progetto riformista che facesse emergere la centralità del Mezzogiorno. Quel che oggi in Puglia è contestato non è l’alleanza con l’Udc bensì l’idea di una sinistra moderata e moderna».
Sembra un epitaffio al nuovo sinistra-centro. Ma l’Udc non getta la spugna in Puglia. Martedì i vertici locali del partito si vedranno a Roma con lo stesso Casini e con il segretario Lorenzo Cesa. Il Pd non intende rinunciare ai voti centristi e lunedì sarà Bersani a vedere i responsabili regionali del suo partito. Per fare questo il Pd sarebbe disposto a sacrificare Emiliano a favore di un altro candidato che sia, come lui, gradito all’Udc. E potrebbe anche tagliare i ponti con Vendola e tutta la sinistra, lasciandoli correre soli.
A quel punto, di fronte a una sconfitta quasi certa, la Puglia diventerebbe moneta di scambio per una partita nazionale.
Scenario che fa ben sperare chi nel centrodestra punta a convincere l’Udc a scegliere nella maggior parte dei casi alleanze con il Pdl. L’Udc, ha detto ad esempio il ministro ai Beni culturali Sandro Bondi, «avrebbe dovuto entrare nel Pdl. Ora è tardi, ma non è tardi per ricercare un rapporto di collaborazione, nell’ambito della propria autonomia. Questa strada è obbligata: il Pdl è il partito di maggioranza relativa e rimarrà tale nel futuro, ed entrambi facciamo parte del Ppe». Non ha senso, spiega Bondi, fare tatticismi in vista del dopo Berlusconi. «Attendere che l’attuale sistema politico crolli e rimetta in gioco un partito di centro è un’illusione e la rinuncia ad avere un progetto politico attraente per gli elettori». Sbagliata anche la scelta per l’esponente del Pd dalemiano.

«L’ho detto al mio amico Casini: sostenete Emiliano per mantenere fede all’accordo con D’Alema, ma dimenticate che Vendola è molto meglio di Emiliano», che «da un punto di vista umano è l’esempio di un totale involgarimento della politica». Questo problema è stato superato con l’uscita di scena di Emiliano. Resta invece incompleto il rebus delle alleanze che l’Udc intende chiudere. Nelle Regioni, ma anche a Roma.

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