Viaggio ai confini del Pdl tra smarrimento e rilancio

A Como non è stato ancora scelto il candidato sindaco a tre mesi dalle urne: è questo il caso emblematico del disagio che vive la base

Viaggio ai confini del Pdl tra smarrimento e rilancio

Trovata finalmente una buona (unica) ragione perché il Monumento all’Orrido,il famigerato Muro che cancella, a Como, la vista del lago di Como, resti in piedi: im­pedire che il Pdl locale si inabissi. In effetti sono giorni di appiccicosa confusione, anche da queste parti. Di improvvisate chiromanti che pretendono di leggere le carte nau­tiche e di scorretti gioc­atori di taroc­chi che infilano firme false sotto do­cumenti improbabili per fini che non giustificano nemmeno i mez­zi.

E meno male,che avant’ieri sera, dalla Capitaneria di Porto di Roma, il comandante Angelino Alfano ha lanciato un avviso ai naviganti laria­ni: prima le primarie, per scegliere il candidato sindaco e poi il con­gresso provinciale del partito. Per­ché, prima di tutto, forse a Como, prima che in ogni altra città d’Italia, il Pdl ha urgente bisogno di gettare l’ancora e attraccare nella certezza di un’area frequentata da persone affidabili. Decidersi a fare nomi e cognomi. Visto e considerato che a tre mesi dalle elezioni (si voterà il 6 maggio) non ha ancora scelto il suo candidato sindaco.

È una notizia sufficientemente utile a tratteggiare lo stato di disa­gio e­smarrimento che il partito pa­tisce in molte altre parti d’Italia, cer­tamente, ma che qui, sarà il lago che fa la sua giusta parte, si riflette in una partita elettorale che, in altre congiunture, sarebbe stata vinta a mani basse.

Già, perché Como, malgrado tut­to, malgrado certi uomini e certi lo­ro clamorosi errori è storicamente città moderata che, da sempre, gra­vita nell’orbita di quelle che, da sempre, sono state le idee e i pro­grammi del Pdl. Un elettorato gra­nitico e fedele, che solo un clamoro­so autogol di strategia politica po­trebbe far perdere e disperdere.

Diciamo che, se la disillusione ge­nerale, la scarsa considerazione dei cittadini verso i politici pesano in tutt’Italia e allontano gli elettori dalle urne e dai partiti, qui sembra­no pesare ancora di più per alcune meschinerie che definire «provin­ciali » sarebbe offendere il buono e sano provincialismo. Quindi se le sorti del Pdl, di tutto il Pdl, di sicuro non si possono decidere qui a Co­mo, almeno che il Pdl di Como deci­da le sue sorti con­il coraggio di usci­re dai vicoli stretti che portano solo alla visione angusta dei problemi.

Forzatamente ci dobbiamo en­trare anche noi, nei vicoli stretti del labirinto politico di Como. Ma giu­sto il tempo necessario a dirvi che l’avviso ai naviganti lariani del Pdl, recapitato da Alfano ha, da un lato accontentato l’area liberal del parti­to, interpretata da Pozzi e Rinaldin e, dall’altro, ha riconfermato fidu­cia al coordinatore Butti e al suo vi­ce Tambini, che avrebbero tanto voluto, come al Monopoli, accomo­darsi subito sulla casella del con­gresso provinciale senza passare dal via, che sono appunto le prima­rie.

Che cosa significa tutto ciò nel microclima politicamente venefi­co di Como? Significa soprattutto che dalla direzione nazionale è arri­va­ta a Como una decisa spinta a de­cidersi. Basta liti e veti incrociati ma, al contrario, programmi e no­mi. E se è vero che il senatore Butti è indeciso su quale nome calare co­me candidato dalla sua area An-Cielle, avendo non una, non due, ma tre opzioni possibili, è anche ve­ro che, sull’altro versante, quello del dinamismo liberal e del «Berlu­sconi style », che aveva conquistato l’Italia e che in tanti stanno rimpian­gendo e invocando da più parti, un nome gradito ai comaschi per la poltrona di sindaco (sulla quale e malamente adagiato oramai da tempo Stefano Bruni)potrebbe es­s­ere quello dell’assessore alla cultu­ra Sergio Gaddi. Perlomeno, visto che, anche e soprattutto da queste parti, si preferisce la politica del fare a quella del non far niente, Gaddi è uno che ha fatto.

Che ha carisma, appeal ecredeinquelPdlincuicre­deva e ha sempre creduto un tale Silvio Berlusconi. Forse quella era la Belle Epoque, obbietterà qualcu­no. Ma del resto non ha organizza­to proprio Gaddi la grande mostra dedicata a Boldini e agli altri mae­stri di quel periodo ispirato?

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