La vicesindaco partita dalla Fgci che appena sveglia recita le Lodi

«Non cambio abitudini. Mi muoverò in bus e la domenica andrò a Messa da don Virginio Colmegna» dice a Repubblica Maria Grazia Guida. E lui, don Virginio, al Giornale: «Per me è un grosso problema che sia andata via. Professionalmente è una gran lavoratrice. È un servizio alla città che fa la casa della Carità».
Per chi non avesse ancora mandato a mente il nome, Maria Grazia Guida è il vicesindaco di Milano, il numero due di Giuliano Pisapia, uno dei personaggi chiave di Palazzo Marino e della politica milanese. Nel suo ufficio, prima di lei, sedeva Riccardo De Corato, tanto per dire di che cosa si tratta. E lei, prima di diventare vicesindaco, sedeva negli uffici della Casa della carità come direttrice. Eppure scrivere un ritratto di Maria Grazia Guida non è facile. La metà dei politici e degli osservatori di Palazzo Marino risponde di avere sentito per la prima volta il suo nome il giorno della presentazione delle liste Pd. Lei era la numero due, subito dopo Stefano Boeri. L’altra metà ha saputo che esisteva quando è entrata nel totogiunta e poi è stata nominata vicesindaco da Giuliano Pisapia.
Insomma, fino a pochissimo tempo fa (absit iniuria verbis) per molti era una signora nessuno. Non per il mondo di don Virginio Colmegna e del molto volontariato anche vip che gli gira intorno. Il banchiere Alessandro Profumo gli ha regalato un milione di euro, frutto della liquidazione. Il sociologo Aldo Bonomi gli offre il suo sapere, Gad Lerner lo invita spesso in tv. La Cgil organizza spesso attività comuni. «Cattoborghesi e cattocomunisti», li definiscono coloro che non li amano troppo. In quest’ambiente Maria Grazia Guida è nota come la più preziosa collaboratrice di don Virginio. Un incontro che le ha cambiato la vita. Lo racconta don Colmegna: «È da anni che lavora con me. Ci siamo conosciuti per ragioni professionali quando lavorava in Comune. Poi ha chiesto di venire alla Caritas per un’esperienza di solidarietà più piena. Nel 2004 ha accettato di seguirmi per fondare la Casa della Carità. Con il marito faceva già molto volontariato alla Cena dell’Amicizia. Lui non c’è più, è mancato l’anno scorso».
La Guida, 56 anni, è vedova e ha una figlia di 30 anni. È nata ad Amatrice, in provincia di Rieti, da una famiglia originaria del Cilento, ma vive a Milano da quando aveva undici anni. Sin da ragazzina è stata una sfegatata militante di sinistra. Ai tempi del liceo, il classico Beccaria (con il Parini il più antico di Milano) era a capo di una cellula del Fgci, la Federazione giovanile comunista. Da lì è approdata al sindacato, la Cgil. E poi alla politica, con un lungo passaggio per la burocrazia. È entrata come dirigente comunale a Palazzo Marino ai tempi della giunta Pillitteri, quando era assessore ai Servizi sociali il socialista Mario Schemmari. È andata via sotto Albertini. Le sue tracce portano anche al Pd, area Rosy Bindi. Correva l’anno 2007 quando Maria Grazia Guida decise di partecipare alle primarie nella lista della Bindi, che sfidava Walter Veltroni ed Enrico Letta. Ma poi, racconta qualche ben informato, non tutto è filato liscio tra Maria Grazia Guida e il partito, che pure le ha riservato un posto nella segreteria nazionale dell’era Veltroni. Così sarebbe un errore pensare a lei come a un’emanazione milanese della Bindi. Se è la Rosy milanese, pare sia tutto merito di don Colmegna.
Nel partito si domandano ancora come sia potuto succedere. Alle elezioni ha preso meno di mille voti, niente per una città come Milano, meno della metà della compagna di partito Carmela Rozza, la più votata delle donne, che però è rimasta tagliata fuori dalla giunta. Miracoli della Casa della carità e forse anche di qualche passaggio romano sfuggito agli occhi dei più. «Giuliano Pisapia prima non la conosceva, di fronte all’ipotesi della candidatura ha riflettuto molto prima di accettare» ricorda don Colmegna.

Non vuole che il mondo pensi a lei come a una signora di fede sì, ma comunista: «È legata alle Suore della Visitazione di Fiesole. È una che dice le lodi al mattino, recita l’ufficio, una che prega. Sta leggendo la mistica politica di Simone Weil. Medita Charles de Foucauld...».

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