da Parigi
Il presidente francese Jacques Chirac e il primo ministro Dominique de Villepin hanno deciso di «omologare» il Front national di Jean-Marie Le Pen, togliendolo dal ghetto politico in cui lo avevano essi stessi relegato. Ieri il primo ministro ha cominciato le «consultazioni sull'avvenire dell'Europa», convocando a Matignon, Palazzo Chigi parigino, gli esponenti di tutti i partiti rappresentati al Parlamento nazionale o a quello europeo. Questo è il punto: il Front national di Jean-Marie Le Pen non dispone di alcun rappresentante all'Assemblea nazionale o al Senato, a causa del sistema elettorale, ma ha deputati all'Europarlamento grazie alla proporzionale. Dunque stavolta è stato convocato anche lui, cosa che non era mai successa nell'ultimo decennio. Gridando allo scandalo, il segretario socialista François Hollande ha rifiutato di andare a discutere di Europa col primo ministro e ha accusato il governo di aver scelto una «rottura col passato» allo scopo di «banalizzare l'estrema destra e le sue tesi».
Certo la svolta è evidente. Dominique de Villepin ha scelto di ascoltare - oltre a tutte le altre - una delegazione del Front national, ossia di una forza politica d'estrema destra, nota per i suoi atteggiamenti xenofobi, che proprio lui aveva sempre visto come il fumo negli occhi. L'incontro è avvenuto in un clima di freddo e reciproco rispetto. Da un lato c'erano Carl Lang, numero tre del Front national, con l'eurodeputato Jean-Claude Martinez. Dall'altro il primo ministro Dominique de Villepin con la titolare degli Affari europei Catherine Colonna (mentre il ministro degli Esteri, Philippe Douste-Blazy, era assente perché impegnato in un'altra missione, circostanza che la dice lunga circa il suo peso reale nella scelta della strategia europea della Francia: in realtà i veri titolari della diplomazia francese sono Villepin e Catherine Colonna, che provengono ambedue dai ranghi del Quai d'Orsay).
La scelta di ricevere i rappresentanti di tutti i partiti per una consultazione sull'Europa non avrebbe nulla di straordinario se non contraddicesse in modo evidente la linea fin qui seguita - rispetto al Front national - da Chirac, che ha evidentemente approvato l'iniziativa del suo primo ministro. Un esempio la dice lunga. Quando, nella primavera 2002, Jean-Marie Le Pen riuscì a qualificarsi per il ballottaggio presidenziale contro Chirac, quest'ultimo sconvolse una vecchia tradizione nazionale rifiutando il duello televisivo tra i due candidati rimasti in competizione. Per giustificare un simile rifiuto, Chirac accusò Le Pen d'essere portatore di una linea antidemocratica.
E ora che cos'è successo? Le Pen è sempre lo stesso e i francesi si chiedono se sia Chirac a essere cambiato. Certo sono cambiate le condizioni del duello tra loro. Nel 2002 Le Pen riuscì a superare il candidato socialista Lionel Jospin per cui al ballottaggio presidenziale le sinistre non poterono far altro che votare Chirac in odio all'estrema destra. Così l'attuale inquilino dell'Eliseo fu rieletto con l'82 per cento dei voti contro il 18 per cento di Le Pen.
Adesso quell'appetitosa torta di cinque milioni di voti lepenisti fa gola a tutti a causa di una ragione molto semplice: Le Pen, che otto giorni fa ha compiuto i 77 anni, non può sperare di restare a lungo un leader nel pieno del proprio dinamismo e tutti sono convinti che l'estrema destra non possa avere in Francia un grande avvenire dopo di lui. Insomma, è partita la caccia ai cinque milioni di voti, o comunque a una bella fetta di quella torta elettorale.
La sinistra radicale è stata la prima a cambiare atteggiamento verso Le Pen: lo ha fatto in occasione del referendum dello scorso 29 maggio sulla ratifica del Trattato costituzionale europeo, quando i duri della destra e della sinistra si sono trovati insieme a combattere contro l'Europa.
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