Marta Ottaviani
da Istanbul
Per la Turchia è l'inizio di un incubo. Il virus H5N1 ha mietuto la sua terza vittima nel giro di pochi giorni, precipitando l'intero Paese nel vortice della paura. Huyla Kocyigit è morta ieri mattina all'ospedale di Van, dove lo stesso virus si era già portato via il fratellino Mehmet Ali e la sorella Fatma, rispettivamente di 14 e 15 anni. Ora i medici sono preoccupati per la sorte di un quarto bambino di sei anni, appartenente allo stesso gruppo familiare, anche lui infettato dal virus, come ha confermato ieri il ministro dell'Agricoltura turco Mehdi Eker. Il dramma di una famiglia che viveva a Dogubayazit, un povero villaggio quasi al confine con l'Armenia, sta diventando l'angoscia di un'intera nazione, che fino a due giorni fa forse non si era resa conto del pericoli a cui andava incontro.
Le notizie da Van, infatti, arrivano come un fulmine a ciel sereno in un Paese in cui la gente consumava carne di pollame e aspettava serenamente la festa del Bayram che, ironia della sorte, è iniziata proprio ieri. Ad aumentare il panico ci si sono messi anche i principali media nazionali, che per settimane hanno tenuto sotto tono l'argomento e che oggi sono usciti in edicola con toni allarmistici, riservando anche qualche pesante stoccata al governo.
Il quotidiano Posta parla di «epidemia dell'ignoranza», Vatan afferma che ci sono almeno altre 21 persone che potrebbero aver contratto il virus, mentre Hurriyet ha aperto con una prima pagina destinata a trascinarsi dietro una scia di polemiche: la foto di una delle vittime del virus in coma e il titolo «Ecco chi paga il conto». Riferimenti diretti al governo, colpevole di non aver attuato una campagna informativa, soprattutto nelle zone più a rischio e di aver lasciato che accadesse il peggio.
E ieri, in una Turchia completamente in preda al panico, il premier Recep Taypp Erdogan è apparso in televisione all'ora di pranzo, per fare il punto della situazione e chiedere anche agli imam di aiutare il governo nell'opera di informazione, parlando con i fedeli che si recano in moschea. Misure che, per molti, sarebbero completamente inutili. Secondo i media turchi, infatti, in molte zone rurali del Paese, particolarmente povere, ci sarebbero decine di famiglie che nascondono pollame potenzialmente pericoloso, convinte che il rischio di contagio sia sempre meglio della certezza di morire di fame. Proprio per questo motivo, negli ultimi due giorni sono stati abbattutti quasi 15mila polli in dieci zone del Paese, considerate particolarmente a rischio come Agri, Erzurum, Yozgat, Adana e Sanli Urfa, tutte nella parte orientale e sudorientale del Paese. In tutto il Paese le misure di sicurezza sono aumentate. A Diyarbakir sono state ricoverate cinque persone con sintomi riconducibili a quelli dell'H5N1. Sempre ieri, una squadra britannica dell'organizzazione mondiale della Sanità è arrivata in Turchia. Il loro compito sarà quello di appurare se le vittime abbiano preso il virus per aver giocato tutte con gli stessi animali o se invece si sia trattato di contagio. In entrambi i casi c'è poco da stare tranquilli perché il virus sta continuando incontrastato la sua marcia. Ieri nel pomeriggio è arrivata la notizia che vicino ad Ankara, nell'Anatolia centrale a mille chilometri di distanza da Van, sono state avvistate due oche infette.
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non esclude l'ipotesi di una trasmissione interumana del virus dell'influenza aviaria in Turchia e ha inviato una squadra di esperti nel Paese per studiare le modalità di trasmissione. «È possibile» che si tratti di trasmissione da essere umano ad essere umano. «È un'ipotesi.
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