Viva Amerigo Vespucci Uno che ha la colpa di non essere Colombo

Il cinquecentenario polemico e la differenza tra Vespucci e Cristoforo Colombo

Viva Amerigo Vespucci  Uno che ha la colpa  di non essere Colombo

Mettiamo le mani avanti: se avesse senso parlare con i morti, quest’articolo potrebbe anche iniziare così: «Caro Amerigo Vespucci in certi casi ci si può accontentare di essere il numero due, quello che dopo Colombo ha dato di più per la scoperta del Nuovo Mondo. E poi niente bronci. Alla fin fine, al continente hanno pure dato il tuo di nome. Non si chiama Columbia, si chiama America!».
Però alla fine anche in questo cinquecentesimo dalla morte, Vespucci qualche ragione di lagnanza potrebbe avercela. Sì certo, oggi a Firenze ci saranno gigantesche celebrazioni con i convegni di prammatica - «Amerigo Vespucci, umanista, cosmografo, navigatore» - e anche una mostra itinerante che partirà da New York e farà il giro del mondo, senza contare i libri usciti in anticipo tra cui il bel saggio illustrato di Franco Cardini e Marina Montesano (Amerigo Vespucci, Le Lettere). Eppure, diciamocelo, verso questo banchiere fiorentino prestato alla navigazione e ai bestseller di viaggio, simpatia non ce n’è mai stata tanta. Insomma Colombo rischia, arriva prima, gli tocca la prigione, muore dimenticato... E poi arriva messere Vespucci - con la penna agile, i Medici che lo proteggono e la scarsella sempre piena di fiorini - e soltanto perché scrive il Mondus Novus pubblicato a stampa a Firenze tra il 1502 e il 1503, si becca il privilegio di battezzare il continente... Un’ingiustizia! Ecco allora che il commento velenoso non manca mai: navigatore così così, ma buon raccontatore di avventure altrui. Oppure favorito dagli spagnoli in quanto spalleggiato dalla potenza bancaria fiorentina.
E se non si arriva a tanto, si passa direttamente allo scippo. Più di uno storico ha fatto notare che con certezza la parola «America» compare per la prima volta nella carta disegnata da Martin Waldseemuller, nel 1507. Ma che non c’è nessuna garanzia che il cartografo tedesco si sia ispirato al fiorentino. Nel 1497 era sbarcato nella Nuova Scozia (che con l’Asia aveva poco da spartire) anche Giovanni Caboto (e qui siamo già nella zona oblio totale appena chiuso il manuale di storia) e a finanziare la sua spedizione era stato il ricco mercante inglese Richard Amerik... Insomma dovremmo scrivere Amerika con la K... Va bene, allora spezziamola davvero una lancia a favore di questo Amerigo così poco simpatico. Sì, era ricco e potente, sua cugina acquisita era quella famosa Simonetta Cattaneo Vespucci che fece innamorare mezza Firenze, compresi Botticelli (suo il volto della Venere) Poliziano e last but not least Giuliano de Medici, che aveva aperto a tutta la famiglia le stanze del potere. E però Amerigo prima a Siviglia e poi per mare, c’è andato davvero (i dubbi degli storici si concentrano sulla data del primo viaggio e sul fatto che le sue esplorazioni siano state tre o quattro). E in per di più in un’epoca in cui attraversare l’Atlantico era ancora un gioco mortale. Quanto ad aver intuito le potenzialità della stampa e di pubblicizzare le sue imprese: beh, il suo merito è proprio quello. In tempi in cui l’idea era ancora nascondere rotte e scoperte, questo arguto fiorentino giocò la carta del raccontare e del pubblicare, investendo in quella nuova invenzione che era l’Internet del tempo. Ci mise la retorica, ma prima ci aveva messo la pellaccia: «Ciò che noi abbiamo sopportato per davvero in questa immensità del mare, i rischi di naufragio, le sofferenze fisiche innumerevoli... tutto ciò lo lascio alla comprensione di quanti lo lascio a chi ha esperienza di queste cose. Nel mezzo di queste tempeste così terribili del mare e del cielo, piacque all’altissimo mostrarci il continente, nuove terre e un mondo incognito».

E se davvero la differenza tra Vespucci e gli altri è quella di aver osato scrivere Mundus Novus (qualcuno pur di levarlo a lui ha cercato di dare il merito al suo traduttore latino), pazienza. A volte dire una cosa conta. Colombo la sapeva e tacque? Non è colpa di Vespucci.

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