Il voto conta, ma non per l'Europa

Le elezioni europee non sono vere elezioni politiche perché il Parlamento europeo non è un Parlamento e non produce un governo. Perciò si caricano di valenze politiche interne ai differenti Paesi in cui si svolgono. Assumono una caratura esclusivamente nazionale. Tra le conseguenze improprie di questa tornata delle elezioni europee vi è il divorzio tra Veronica Lario e Silvio Berlusconi motivato, tra le altre cose, dalla presenza di candidate al Parlamento di ragazze giovani di bella presenza.

Il Pdl presentando il presidente del Consiglio in tutte le circoscrizioni ha fatto del consenso attorno al governo il contenuto della prova elettorale. E questo è tanto più logico in quanto l’Europa è divenuto il luogo dei governi nazionali, soprattutto dopo la crisi economica che ha visto ogni Paese europeo risolvere i propri problemi in chiave nazionale con atti del governo. Anche se di contenuto omogeneo gli uni agli altri, ma senza che venisse proposta alcuna soluzione dell’Unione europea in quanto tale.

Berlusconi in campagna elettorale usa in politica anche l’arma dell’antipolitica, visto che i giudici e i politici sono le categorie che godono meno consenso del Paese. È stata questa la ragione che spinse il leader di Forza Italia a mettere da parte prima delle politiche del 2008 il suo partito e a puntare il futuro della politica sui capelli rossi di Vittoria Brambilla. Egli ha compreso che nell’epoca della televisione una campagna politica è anche uno spettacolo e che l’elettorato è anche un pubblico e va trattato come tale.

Berlusconi si inserisce nel crinale che unisce e divide al tempo stesso popolo e istituzioni e impersona il sentimento critico del Paese verso la presente struttura dello Stato differenziando la sua immagine da quella del suo partito che è pur sempre politica in queste istituzioni. Il consenso del popolo alle istituzioni italiane si concentra nei volti di due uomini, Berlusconi e Bossi, perché i partiti hanno perso il loro fascino e il corpo elettorale vuole eleggere direttamente il governo senza mediazioni.

La crisi della sinistra nasce dal fatto di non avere compreso che in una società frammentata, il bisogno di sicurezza diviene primario e che di conseguenza il popolo vuole sentire il governo vicino a sé. E questo è il ruolo di un volto che solo con la sua carica umana può dare quel sentimento di presenza oggi richiesto nella crisi delle identità tradizionali. È quello che si è visto chiaramente in Abruzzo. I partiti storici della prima Repubblica non sono in grado di reggere questa prova. E lo mostra il Partito democratico, che sceglie di andare alle elezioni europee senza proporre nessun volto, se non quello di persone disimpegnate dal controllo della forza che essi rappresentano.

Cofferati e Berlinguer non esprimono la realtà politica della sinistra, i suoi dirigenti si sono dichiarati fuori. E Dario Franceschini è il simbolo della latitanza a sinistra proprio sul piano dei volti, quello richiesto dalla presente situazione politica. L’unico a sinistra che abbia giocato il ruolo del volto è Antonio Di Pietro. E, non a caso, egli è riuscito a superare i limiti del suo insediamento originario e ora punta a divenire il rappresentante della sinistra più coerente, quella che ha il consenso degli intellettuali di sinistra in cui raggiunge il 15% di suffragi nei sondaggi.

Così i partiti di quella che è effettivamente la seconda Repubblica, Pdl, Lega Nord, Italia dei Valori, divengono soggetti dominanti e mostrano il logoramento dell’attuale interpretazione della nostra carta costituzionale, in cui i governi sono opera delle istituzioni e non del corpo elettorale. I problemi dell’Unione europea non saranno oggetto del dibattito politico durante la campagna elettorale ma questo corrisponde alla latitanza dell’Unione nella gestione della grande crisi economica.

Non è un problema solo italiano.

E la contrapposizione personale raggiunge buoni livelli anche in Francia dove il leader centrista, François Bayrou, combatte Nicolas Sarkozy con un libro dal titolo molto simile a quelli antiberlusconiani che si scrivono in Italia: «Abuso di potere». È questo un modo per cui i centristi francesi cercano di sostituire il partito socialista nell’alternativa alla maggioranza di destra. Più nazionale di così...
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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