Walter a rimorchio anche sulle troppe leggi

La fertile mente del signor Walter Veltroni ha partorito un’altra idea formidabile. Ha detto che «lo sviluppo del nostro Paese è bloccato da ben 21mila leggi a fronte delle 4.500 della Germania e delle 9.800 della Francia e che, entro quest’anno, ne saranno eliminate 5mila». Ha aggiunto che «entro il 2010 la riduzione della giungla legislativa sarà completata con cento Testi Unici, mille leggi speciali e saranno portati a soli 2.200 gli attuali 90mila atti normativi». Peccato che l’idea del vulcanico ex deputato comunista, ex direttore dell’Unità, ex vice di Prodi, ex sindaco di Roma e, attualmente, giovane con pensione «milionaria», non sia originale e che i numeri dati siano fantasiosi. A pag. 18 del mio libro «l’Assalto alla diligenza», edito da DenaroLibri nel 2005, si legge: «Quand’era ministro della Funzione Pubblica nel governo Ciampi del ’93 il prof. Sabino Cassese rivelò che il Parlamento repubblicano aveva prodotto oltre 40mila leggi in meno di cinquant’anni a fronte delle 12mila della Francia, delle 5mila dell’Inghilterra e della 7mila della Francia. E, qualche mese dopo, il funzionario incaricato di contare le leggi italiane aveva sommato tutte quelle pubblicate sulle Gazzette Ufficiali dall’Unità d’Italia fino al 1990 e sui Bur (i bollettini ufficiali delle regioni) e fu così che venne fuori la stratosferica cifra di 150mila tra leggi, decreti, regolamenti e atti normativi. E fu così che, di fronte a un Paese «iperlegificato», il premier Silvio Berlusconi cominciò, nel ’94, a parlare di un necessario «processo di delegificazione» che avrebbe dovuto portarci nell’arco di un decennio al livello europeo. Attraverso una serie di Testi Unici in materia di lavori pubblici, di fisco, di beni culturali, di diritto societario, di sicurezza, di sanità, di scuola e così via. E attraverso l’eliminazione di un insieme di leggi praticamente inutili perché desuete. Dello stesso processo parlò il prof. Franco Bassanini, ministro della Funzione Pubblica nel governo Prodi del ’96. Ma alle intenzioni non sono poi seguiti i fatti. Tant’è che Stato e Regioni hanno continuato a produrre leggi senza preoccuparsi delle sovrapposizioni. Nessun ufficio studi le ha più contate. Ma, sempre secondo il prof. Cassese, il tetto delle 35mila leggi è stato abbondantemente superato e la nostra vita associata è regolata da qualche miliardo di parole. Molto spesso contrastanti tra loro». Aggiungo un consiglio al signor Veltroni. Oltre a impegnarsi a cancellare 5mila leggi nazionali (ma poi quali e in quali campi?) preveda anche una norma che impedisca alle regioni di legiferare senza freni. Altrimenti sarà tempo sprecato.


Ma di cosa si meraviglia, caro Mazziotti! Mi sembra sia stato Vincenzo Gallo detto Vincino a felicemente definire Walter Veltroni «il Berlusconi del giorno dopo». Ed è così. Mai un’idea inedita, mai un progetto originale, ma sempre a rimorchio del Cavaliere o, quando vuol vendere l’aria fritta infiocchettandola con le maiuscole, di Obama e dei due Kennedy, pace all’anima loro.

Io non m’impiccio degli affari degli altri, ma se è tutto qui il colpo di reni nuovista e giovanilista del Piddì, facevano meglio a tenersi Prodi che bene o male almeno s’era inventato, al fine della propria sopravvivenza, l’innovativa formula del «governo Pallaro» (particolarmente apprezzata da Robert Mugabe, che la giudicò idea brillantissima, più efficace d’un golpe e dunque meritevole d’essere adottata del suo Zimbabwe).

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