da Roma
È bastata una nota di Silvio Sircana a mettere Rifondazione comunista in cammino verso una «stagione di conflitto e mobilitazione», nel segno della Cosa rossa. Il portavoce di Palazzo Chigi è intervenuto per correggere la lettura che tutti gli organi di informazione hanno dato del pranzo tra il premier Romano Prodi e i quattro ministri della sinistra radicale e cioè un’apertura a modifiche del protocollo d’intesa sul welfare tra governo-parti sociali. «Nessun passo indietro», ha assicurato. Per Sircana, Prodi ha confermato quanto già scritto al leader della Cgil Guglielmo Epifani, «ribadendo la sostanziale non emendabilità del protocollo». Nella missiva (giudicata negativamente anche dalla Cgil) il presidente del Consiglio lasciava aperta la porta a cambiamenti solo nella fase di attuazione delle varie misure previste (le principali sono il superamento dello scalone previdenziale con il sistema scalini più quote; incentivi agli straordinari e sostanziale conferma della legge Biagi), ma da concordare con i sindacati. E faceva un riferimento vago al Parlamento.
Anche il ministro del Lavoro Cesare Damiano è intervenuto con due interviste, ma - a differenza di Sircana - con l’intento di tappare la falla a sinistra: l’accordo «si può scrivere meglio nel momento in cui lo si traduce in legge per dissipare eventuali incomprensioni. Poi il Parlamento è sovrano e potrà decidere autonomamente quali ulteriori valutazioni e modifiche».
Difficile capire se questo basterà. La lettura dei fatti recenti che ieri ha esposto il segretario del Prc Franco Giordano fa pensare di no. «Siamo all’essenziale e asteniamoci dal valzer delle mezze aperture e delle nette chiusure. Su pensioni e mercato del lavoro - riconosce - c’è un contrasto aperto nella maggioranza». E la risposta è un «processo di unità in cui le sinistre, a cominciare da Rifondazione comunista, sono impegnate e la tenuta di importanti aree sindacali». Conclusione: «Si apre un conflitto. Si apre una stagione di mobilitazione politica e sociale delle sinistre in tutto il Paese». Dall’esito di questa protesta, ha precisato il segretario di Rifondazione, «dipenderà il nostro voto in Parlamento». Ma l’obiettivo, oltre far cambiare rotta al governo, è anche quello di creare una base per la futura formazione della «sinistra arcobaleno».
Un braccio di ferro con l’altra forza politica in via di costituzione, il Partito democratico, per contendersi i consensi della sinistra, come emerge dalle parole del ministro alla Solidarietà Paolo Ferrero. Che ha chiesto a Prodi di fare «il presidente del Consiglio della coalizione e non solo del Partito democratico». E ha avvertito che senza modifiche «noi non ci rassegniamo» e «chiederemo agli elettori dell’Unione di far sentire la loro voce per bilanciare e sconfiggere le spinte neocentriste».
Sulla stessa linea i Verdi che con il sottosegretario all’Economia Paolo Cento annunciano l’impegno «nel governo e nella maggioranza» per modificare l’intesa. E i Comunisti italiani, che con Marco Rizzo denunciano «l’arroganza» di Palazzo Chigi. Armonia ritrovata anche con gli antagonisti, tanto che per una volta anche il parlamentare no global Francesco Caruso sembra in sintonia con il partito che lo ha eletto: «Prodi ha davanti a sé un muro, se non vuole fare un passo indietro rischia di sbatterci contro e farsi molto male».
Poche voci a controbilanciare l’offensiva della sinistra radicale e quasi tutte della Rosa nel pugno. La battaglia per l’equità non è finita, ha assicurato il ministro al Commercio internazionale Emma Bonino. Mentre per il socialista Roberto Villetti «a forza di tirare la corda il governo finirà ko». Anche Luigi Bobba, senatore della Margherita, invita la sinistra a non esagerare. Ma c’è anche chi pensa che il peggio sia già accaduto, come Daniele Capezzone. Che ribalta la lettura di Prc.
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