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Una legge per aiutare Alfano jr: così decadono le indagini della Corte dei Conti

Spunta una nuova norm che neutralizza il fascicolo della Corte dei Conti. Così nessuno pagherà per l'assunzione del fratello del ministro Alfano

Una legge per aiutare Alfano jr: così decadono le indagini della Corte dei Conti

"Lui come massimo (di stipendio, ndr) poteva avere 170mila euro e io gli ho fatto avere 160mila. Tant'è che Sarmi stesso gliel'ha detto ad Angelino (Alfano, ndr): 'Io ho tolto 10mila euro d'accordo con Lino (Pizza, ndr)', per poi evitare. Adesso va dicendo che l'ho fottuto perché non gli ho fatto dare 170mila". La telefonata con cui Raffaele Pizza, uomo vicino al ministro dell'Interno Angelino Alfano, si vantava di aver facilitato, anche grazie al rapporto con l'ex ad di Poste Massimo Sarmi, l'assunzione di Alessandro Alfano a Postecom è il punto da cui il nucleo valutario delle Fiamme Gialle guidato dal generale Giuseppe Bottillo è partito per indagare. Si ipotizza, infatti, che l'assunzione del fratello del titolare del Viminale abbia provocato un anno erariale. Peccato che un nuovo decreto di sei righe, il 175/2016, potrebbe neutralizzare l'intero fascicolo della Corte dei Conti.

L'assunzione di Alfano junior risale al 2013. Adesso, come rivela il Fatto Quotidiano, tutto l'iter di promozioni e ritocchini che hanno portato il fratello del ministro a guadagnare 200mila euro l'anno è al vaglio dellla Corte dei Conti. La magistratura contabile vuole vederci chiaro e assicurarsi che non c'è stato alcun illecito contabile. Che qualcosa non torni, è stato chiaro sin da subito. "Secondo lei - aveva detto Sarmi a Repubblica - l'ad di un gruppo da 150mila persone può occuparsi anche delle assunzioni nelle controllate?". In realtà, sapeva. Nella relazione di sei pagine inviata dalla procura di Roma alla Corte dei Conti, il capo delle risorse umane di Poste, Claudio Picucci, rivela infatti che il curriculum di Alessandro Alfano (laureato in economia all'età di 34 anni) gli fu recapitato da Sarmi in persona.

Nel 2013 Alfano jr viene quindi assunto a Postecome, società controllata al 100% da Poste Italiane, con uno stipendio da 160mila euro l'anno. Nel giro di pochi mesi, però, viene trasferito a Poste Tributi, un'altra società del gruppo, e lo stipendio lievita a 180mila euro. Lo scorso maggio, poi, un altro trasferimento (questa volta a Poste) spinge lo stipendio a 200mila euro. Secondo il Fatto Quotidiano, sarebbe stato "proprio Francesco Caio, l'uomo scelto da Matteo Renzi per risanare le Poste, a vistare per l'occasione l'ennesimo aumento". Adesso la procura contabile dovrà decidere se chiedere conto dell'assunzione e dei continui aumenti.

Come racconta oggi il Fatto Quotidiano, però, tutto questo potrebbe presto cadere nel dimenticatoio. L'intera indagine rischia, infatti, di andare a schiantarsi contro un decreto approvato l'anno scorso. A settembre è stato, infatti, votato un decreto legislativo per regolamentare "la materia di società a partecipazione pubblica". Si prende in considerazione quelle socierà, come Poste, che diventano "società quotate". Sono bastate appena sei righe per dare un colpo di spugna a tutta l'indagine.

La tempistica, però, sembra abbastanza imbarazzante.

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