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Ecco le prove in tre foto: le ​Ong rimpiazzano gli scafisti

Le immagini nei dossier della Guardia Costiera. Una conferma ai sospetti dei pm: gli scafisti non devono più salire sui barconi. Ci pensano le Ong

Ecco le prove in tre foto: le ​Ong rimpiazzano gli scafisti

Al posto degli scafisti, le Ong. Dal 2015 ad oggi i flussi migratori sono cambiati. Di molto. Una volta al centro dell'attenzione degli investigatori italiani trovavamo criminali libici, mafie internazionali e trafficanti vari. Oggi ci sono le organizzazioni umanitarie. Non perché gestiscono direttamente i traffici illeciti, ci mancherebbe. Ma perché (indirettamente) favoriscono i contrabbandieri di uomini, rendendogli il lavoro sempre più facile e redditizio.

È questo che il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, sta provando a far capire a chi non ha orecchie per ascoltare. E lo stesso ha fatto il portavoce di Frontex, Izabella Cooper, ricordando che "i trafficanti libici si approfittano dell'obbligo di salvataggio" e gli interventi delle Ong hanno "conseguenze involontarie". Va bene salvare vite, ma se stazionare al largo della Libia agevola "sporchi affari" e aumenta i morti in mare, qualcosa non funziona. Oppure c'è sotto del marcio.

Fino al 2014 gli scafisti erano costretti a salire sulle imbarcazioni per accompagnare i loro "clienti" il più vicino possibile a Lampedusa. Un viaggio rischioso, che spesso permetteva alla polizia italiana di mettere i bastoni tra le ruote alle mafie dei traghettatori di immigrati. Adesso arrestare criminali è diventato un miraggio e il business dei trafficanti ne trae vantaggio. Il pm nella sua audizione alla Camera fu molto chiaro, affermando che la "presenza di Ong" a poche miglia da Zuwārah provoca "una sorta di scacco all’attività di contrasto" perché la giustizia non è più in grado di identificare i cosiddetti facilitatori. Ovvero quei malviventi che un tempo "accompagnavano i barconi nei primi tratti delle acque internazionali". Come mai oggi non si scomodano più? "Perché le Ong - spiegò il pm - indubbiamente hanno fatto venir meno quest'esigenza".

In sostanza, le Organizzazioni non Governative parcheggiate al largo della Libia hanno di fatto rimpiazzato gli scafisti. I quali non devono più intraprendere i pericolosi viaggi sulle chiatte, ma si limitano a "gettare" in mare i migranti "tanto ci sono quelli delle missioni" a traghettarli fino in Sicilia. A che servono i trafficanti se ci pensano le Ong? Sono loro ormai i nuovi ponti per l'immigrazione clandestina in Italia. Da quando pattugliano il Mare Nostrum (2015-2016), infatti, l'area di attività delle operazioni di soccorso si è gradualmente spostata verso Tripoli, provocando il cortocircuito di cui parlava Zuccaro: incentivare le partenze e rendere più facile la vita ai criminali.

A dimostrarlo c'è un dossier della Guardia Costiera italiana. Nel documento intitolato "Attività Sar nel Mediterraneo Centrale connesse al fenomeno migratorio" si legge che "la presenza di numerosi assetti navali in area" (le Ong, Ndr) ha comportato "che dal 2012 ad oggi la distanza dalle coste libiche dei punti di intercetto delle unità di migranti da parte delle unità soccorritrici sia diminuita arrivando fino al limite delle acque territoriali". Le foto parlano chiaro e non lasciano dubbi. Certo: anche la Marina, i mercantili e i natanti dell'Europa realizzano salvataggi a poche miglia da Tripoli. Ma lo fanno perché la presenza costante delle varie MSF, Save The Children e Moas in quel fazzoletto di mare costringe tutti gli altri a spingersi fin lì. I banditi conoscono le posizioni delle organizzazioni (in alcuni casi pare ci siano accordi telefonici) e quindi forniscono ai barconi la benzina appena sufficiente per arrivare in acque internazionali. Poi ad intervenire ci pensano le associazioni caritatevoli o altre imbarcazioni. Obbligate ad avvicinarsi alla Tripolitania.

Peraltro l'iperattività delle onlus non solo aiuta i trafficanti, ma riduce anche le probabilità di sopravvivenza dei migranti. Sembrerà un controsenso, ma è così. Lo dice lo stesso dossier del corpo specialistico della Marina Militare. Nell'ultimo periodo si è infatti "assistito ad un netto peggioramento delle condizioni di sicurezza a bordo delle unità impiegate per il flussi via mare dalle coste libiche". I motivi sono molteplici. Primo, perché "si è registrato un incremento di partenze dalla Libia anche con condizioni meteo-marine avverse ed in ore notturne". Secondo, perché si è riscontrato "un incremento percentuale del numero di gommoni utilizzati", "una drastica diminuzione delle grandi imbarcazioni in legno", "l’utilizzo di barchini di ridotte dimensioni" e l'impennata del numero di migranti "presenti a bordo dei gommoni".

Con l'effetto di aumentare i morti in mare e gli incassi degli schiavisti.

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