«A 70 anni sono il capo dei Beatles»

Una vita da mediano, come quella di Oriali cantata da Ligabue. È la vita di Klaus Voorman, il bassista che ha vissuto all’ombra dei Beatles. Li ha conosciuti ad Amburgo prima che diventassero famosi, ha vissuto con loro a Londra, ha suonato con la Plastic Ono Band di Lennon e in dischi come Imagine. Si parlò molto di lui quando i Beatles dovevano risorgere, con lui al basso al posto di Paul. Un uomo sempre sfiorato dal successo, un turnista di lusso (ha suonato con tutti, da Lou Reed a Clapton) e un grafico tra i più creativi, tanto da disegnare la storica copertina di Revolver. Ora Voorman si prende la rivincita. A 71 anni pubblica A Sideman’s Journey (il viaggio di un turnista appunto), il suo primo disco solista, e si toglie lo sfizio di avere come gregari McCartney, Ringo, Cat Stevens, Dr John.
Finalmente è il capo dei Beatles.
«A 70 anni suonati incido il mio primo disco, un record, e Paul e Ringo sono la mia band, il mondo gira. Diciamo che sono ospiti speciali».
Come vi siete incontrati?
«Da Berlino andai a fare il grafico a Düsseldorf e poi mi spostai ad a Amburgo. Frequentavo i club della Reeperbahn e al Kaiserkeller incontrai i Beatles. Io ascoltavo Charlie Parker e Miles Davis, non avevo mai sentito nulla del genere».
Cioè?
«Le chitarre elettriche, i capelli lunghi e tutto grazie a ragazzini di 17 anni come George Harrison».
Come mai cita George?
«Era il più carismatico. Anche come chitarrista si nota poco ma il suo tocco, vedi Something, è meraviglioso».
Dunque diceva ad Amburgo?
«Disegnai delle copertine per i Beatles, Lennon le snobbava, ma diventammo amici; loro non si davano arie, neppure quando divennero famosi».
C’è di mezzo la differenza tra la gloria e una vita normale.
«Io sono per la vita normale. Mia moglie mi ha convinto a fare un cd attuale ma pieno di ricordi. Inizia con I’m In Love Again di Fats Domino, perché fu il primo brano in cui Paul mi diede il suo basso e disse: suona, puoi farcela. Poi ci sono brani come All Things Must Pass di Harrison in duo con Cat Stevens o vecchi rock come Blue Suede Shoes».
Ma loro hanno fatto miliardi: e lei?
«Ho disegnato la copertina di Revolver per 50 sterline».
Eravate amici, giravano tanti soldi, non ha chiesto di più?
«Si ma loro hanno detto: “questo è il massimo che vogliamo spendere per la copertina di un disco”. E io non ho insistito. Con loro ho fatto la storia da dietro le quinte».
Lei è il solo che può dare i voti ai Beatles.
«Paul è il genio musicale, le sue melodie sono impareggiabili; John il poeta e quello impegnato ma anche il più divertente, quando era in forma faceva ridere tutti. George era un grande chitarrista con l’animo di un santone. Ringo l’antidivo per eccellenza, e secondo me un maestro della batteria».
Quando i Beatles si sciolsero si parlò della rinascita, con lei al posto di Paul.
«Sì, ci fu una riunione per decidere se chiamarsi The Beatles o The Standells ma poi non accadde nulla. I Beatles senza Paul non avrebbero avuto senso».
Lei parla come un samaritano.
«Ho vissuto tra le star senza sognare di diventarlo.

George e Ringo mi hanno ospitato in casa loro. Per me erano amici più che miti; ora ho guidato i Beatles: cosa volere di più?».
Appunto, cosa volere di più?
«È il mio canto del cigno, poi tornerò a fare il designer».

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