È uno dei chitarristi più raffinati del jazz moderno, artista che non indulge troppo al virtuosismo preferendo la ricerca timbrica, il lavoro sul colore del suono. John Abercrombie, 64 anni, arriva stasera per un doppio concerto al Blue Note (alle 21 e alle 23.30), portando con sé quella variegata esperienza che lo ha visto collaborare con tutti i grandi del genere e a sostenere una lunga e brillante carriera nellambito della ricerca e dellimprovvisazione.
Abercrombie (che è anche uno splendido mandolinista, come ha dimostrato insieme con il pianista McCoy Tyner) arriva in quartetto, accompagnato da Mark Feldman al violino, Joey Baron alla batteria e Thomas Morgan al basso (la stessa formazione dellultimo cd The Third Quartet, con Morgan al posto di Marc Johnson), rileggendo la sua storia tra passato, presente e futuro. «Anche se il tempo nella musica è sempre relativo - dice Abercrombie - e viene sorpassato dalla forza dellispirazione e del ritmo». Il ritmo, la dinamica sono i punti di forza dello stile di Abercrombie («Non mi piace fare le gare a chi suona più veloce, io cerco il lirismo, lemozione»), che è uscito dalla Berklee School of Music di New York nel 1966 fondendo il suo amore per il primo rocknroll con i capolavori di Miles Davis e Dave Brubeck.
Con la sua chitarra è riuscito prima a domare e poi ad esprimere gli stili più diversi, lavorando in gruppi come i Dreams di Billy Cobham e Randy Brecker, i New Directions di Jack DeJohnette, i Gateway con il contrabbassista Dave Holland, senza contare le mille collaborazioni con Gato Barbieri, Kenny Wheeler, lindimenticato Michel Petrucciani e decine daltri. Nel contempo, è anche inventivo leader di piccoli gruppi ora con Marc Johnson e Peter Erskine, ora con il batterista Adam Naussbam e lorganista Dan Wall.
Abercrombie, la ricerca dellimprovvisazione
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.