Aborto, atto dovuto il «sì» di Casini alla Commissione

Francesco Damato

Si sa che le campagne elettorali non sono passeggiate. Non lo sono ovviamente per chi corre, anche se i candidati non hanno l’onere di guadagnarsi il voto di preferenza, contando solo l’ordine in cui vengono sistemati in lista dai partiti di appartenenza. Ma non lo sono neppure per chi semplicemente assiste ai bordi della strada, assordato spesso da rumori più falsi che veri. Gli ultimi li ha appena prodotti Romano Prodi accusando cervelloticamente governo e maggioranza di «lusinghe e minacce» al presidente della Repubblica per strappargli la promulgazione della riforma elettorale.
Non meno penoso è stato lo spettacolo offerto da politici e giornali che hanno annunciato per giorni l’arrivo di una «commissione d’inchiesta parlamentare» sull’applicazione della legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria della gravidanza. L’iniziativa sarebbe stata presa dalla maggioranza, più in particolare dall’Udc, e permessa con sospetta disponibilità dal presidente della Camera - si è gridato dall’opposizione - per compiacere Papa, cardinali, vescovi, preti, suore e quant’altri sono impegnati sul fronte anti-abortista, nella speranza di ricavarne un tornaconto elettorale.
Sono caduti nella trappola informativa anche fior di parlamentari, che mi risulta si siano affrettati a scrivere o a telefonare ai loro gruppi per prenotare un posto nella commissione, con l’intenzione di occuparlo naturalmente nel modo più proficuo, e visibile. Tutto può far comodo in campagna elettorale, su tutti i versanti politici.
Il fatto è che non si è deciso di istituire, e tanto meno è stata formata, nessuna commissione d’inchiesta parlamentare, di quelle cioè previste dall’articolo 82 della Costituzione «con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria». È più semplicemente accaduto che una delle quattordici commissioni permanenti di Montecitorio, la dodicesima, denominata «Affari sociali», si è avvalsa di una facoltà prevista e disciplinata dal regolamento per chiedere di svolgere un’indagine conoscitiva sull’applicazione della legge 194, da concludere peraltro entro il 31 gennaio.
Il presidente della Camera, dal canto suo, nel concedere l’autorizzazione richiesta dal regolamento ha semplicemente aggiunto la 69ª indagine alle 68 di questo tipo già accordate alle commissioni parlamentari nella legislatura in corso. Non gli sarebbe stato possibile negarla, anche se per caso lo avesse voluto, perché il suo compito era solo quello di verificare se la commissione richiedente avesse la competenza necessaria, e se il programma predisposto per le audizioni fosse congruo.
Della competenza della commissione «Affari sociali» in materia di aborto è francamente impossibile dubitare, non trattandosi di trasporti ferroviari, autostrade, navi da guerra, previsioni del tempo e quant’altro. Sul programma predisposto per le audizioni invece il presidente della Camera ha avuto qualcosa da obbiettare, chiedendone per iscritto, prima ancora dell’opposizione, e ottenendone un ampliamento per coprire un'area di opinioni, sensibilità e culture più vasta di quella sottoposta al suo giudizio.

Ma di questo certi guardiani dell’aborto si sono ben guardati dal prendere nota per non riconoscere meriti a un presidente d’assemblea ormai tornato nella lista dei cattivi da quando ha osato spingere per il ritorno al sistema elettorale proporzionale, per quanto corretto con il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento.

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