Niente da fare. La legge della Regione Lombardia sull’aborto
terapeutico non decolla. È stato respinto il ricorso al
Consiglio di Stato da parte del Pirellone, che ha cercato in
tutti i modi di difendere le nuove limitazioni sull’interruzione
di gravidanza. L’intenzione era quella di abbassare l’asticella
per l’aborto terapeutico entro la 22ª settimana e tre
giorni di gravidanza, come già avviene in molte strutture
milanesi. Il ricorso al Tar da parte dei sindacati ha congelato
la riforma lombarda e il Consiglio di Stato non ha ribaltato le
carte in tavole, come forse ci si aspettava al Pirellone. Quindi il limite per l’interruzione terapeutica della gravidanza rimane fissato alla 24ª settimana, come previsto dalla legge 194. Esulta la Cgil, che lo scorso maggio aveva presentato il ricorso al Tar, insieme a un gruppo di medici, per censurare le linee guida dettate dalla Regione alle cliniche. «Il Tar - spiega Nino Baseotto, segretario generale della Cgil Lombardia - aveva dichiarato che la Regione non poteva stabilire vincoli, frapporre ostacoli, condizionare la libera di scelta delle donne e che i medici erano tenuti al rispetto della legge 194 e del codice deontologico».
Dal canto suo, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, aveva più volte specificato che le restrizioni dei tempi per l’aborto «non volevano essere una sfida al governo sulla legge 194» ma semplicemente un’iniziativa realizzabile senza rischi grazie ai mezzi delle cliniche, in grado di assistere sempre meglio i neonati prematuri. Posizione confermata, nei fatti, dal protocollo seguito dal 2004 alla clinica Mangiagalli, che continuerà ad applicare l’interruzione della gravidanza alla 22ª settimana. «Abbiamo da anni il nostro percorso diagnostico e terapeutico - precisa il direttore sanitario, Basilio Tiso - Continueremo a fare come abbiamo sempre fatto. La Regione Lombardia non poteva non pronunciarsi su questo argomento. Non siamo i soli ad applicare questa linea».
Non si sente affatto sconfitto Formigoni: «Per le nostre aziende ospedaliere - specifica - non cambia nulla. L’azione che abbiamo intrapreso e continueremo a difendere aveva e ha lo scopo di fornire uno stimolo alla scienza medica ad andare avanti nella ricerca e di aprire un ulteriore spazio di modernizzazione al Paese. Conservatorismi e parrucconismi di vario tipo si sono opposti. È sorprendente che si sospendano linee di indirizzo, peraltro non vincolanti, che fotografano una realtà già evidente non solo alla gran parte del mondo sanitario lombardo ma anche ad altre parti del Paese».
L’assessore alla Sanità Luciano Bresciani spiega la posizione del Pirellone: «La scienza ha guadagnato due settimane e quindi delle vite in più. È nostro dovere salvare queste vite quando è possibile farlo, senza per questo limitare la possibilità di scelta delle donne».
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