La speranza di poter finalmente piegare la peggior recessione dagli anni Trenta non più in tempi biblici sta tutta in una cifra, sfornata ieri dal dipartimento al Commercio Usa: è un meno 1% incasellato nella voce relativa al Pil del secondo trimestre. Segno che la picchiata, quando leconomia statunitense sembrava un corpo inerte in caduta libera nonostante i paracadute aperti prima dallamministrazione Bush e poi da Obama, sta perdendo velocità.
Per cancellare la parola «crisi» dal lessico ormai familiare alle famiglie Usa occorrerà tuttavia molto tempo, e altri sacrifici. Non potrebbe essere altrimenti. LAmerica della follia dei subprime, delle alchimie finanziarie, dei bonus miliardari generosamente accordati a manager inetti (o, peggio ancora, disonesti) ha seminato scorie tossiche ovunque, per troppo tempo. Lasciando in eredità un campo contaminato, visibile nel più esteso periodo di contrazione delleconomia dal 1947, cioè da quando la misurazione della ricchezza nazionale è diventata la statistica per eccellenza: ben quattro trimestri consecutivi di decrescita, con il -6,4% (valore fortemente rivisto rispetto alla lettura precedente) del primo quarto dellanno in corso che, oltre a rappresentare il punto più basso degli ultimi 27 anni, testimonia di un Paese in ginocchio.
Ma lultimo dato, quel calo circoscritto all1%, è finalmente non più solo lespressione di una crisi velenosa e senza antidoto: perché segnala un minor ricorso ai tagli delle spese da parte delle imprese; e anche perché racchiude il miglioramento degli scambi commerciali, soprattutto nella parte relativa alle esportazioni. Manca però ancora un ingrediente fondamentale per la ripresa, lapporto dei consumatori (-1,2% le spese private) da cui dipendono circa i due terzi del Pil. Lalto livello di disoccupazione e il timore di perdere il posto, unito al forte indebitamento delle famiglie, continuano insomma a frenare i consumi.
Tornato ieri a commentare lo stato di salute dellAmerica dopo lintervento di qualche giorno fa in North Carolina, Obama ha detto che la situazione ereditata da Bush «era molto peggiore del previsto», ma che la sua amministrazione «ha frenato la recessione». Il presidente deve però ancora far fronte allemergenza occupazionale: «Continuiamo a perdere troppi posti di lavoro», ha ammesso. Gli Usa contano attualmente circa 15 milioni di jobless, un motivo più che valido per rimandare il processo di riaggiustamento dei conti pubblici, il cui disavanzo raggiungerà questanno i 1.800 miliardi di dollari e invitare il Congresso a rinnovare gli incentivi per la rottamazione delle auto, i cui fondi (un miliardo) si sono esauriti in una settimana. «Non ci fermeremo finché tutti gli americani che cercano un impiego non lo avranno trovato - ha promesso Obama - . Gli economisti confermeranno che i miglioramenti fatti sono dovuti ai programmi di stimoli alleconomia, e quindi continueremo a battere questa strada».
Curare le ferite del mercato del lavoro significa daltra parte gettare basi solide per la ripresa. Ancora molto resta infatti da fare: leconomia americana «sta andando nella giusta direzione», ma «la strada è ancora lunga». Unanalisi condivisa dal Fondo monetario internazionale, che prevede una recovery «lenta e graduale» per gli Usa proprio a causa della debolezza delloccupazione (al 10,1 nel 2010) e anche del settore immobiliare.
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