Il pressing sulla tregua a Gaza, il nucleare iraniano, il futuro dei palestinesi: di cosa hanno discusso Netanyahu e Trump

Washington e Tel Aviv celebrano la “vittoria” in Iran e spingono per una pausa nel conflitto a Gaza. Ma il futuro della regione resta incerto

Il pressing sulla tregua a Gaza, il nucleare iraniano, il futuro dei palestinesi: di cosa hanno discusso Netanyahu e Trump
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Questa notte a Washington, il blindatissimo incontro tra il presidente degli Usa Donald Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Quest'ultimo ha annunciato , durante una cena ufficiale alla Casa Bianca, di aver candidato Trump al Premio Nobel per la Pace.

I due leader, affiancati dai rispettivi consiglieri, hanno celebrato le recenti operazioni militari congiunte contro le installazioni nucleari iraniane, definite da entrambi come un "successo totale", e discusso una proposta di cessate-il-fuoco di 60 giorni per interrompere le ostilità nella Striscia di Gaza.
Sta costruendo la pace, un Paese e una regione alla volta" ha detto Netanyahu, consegnando a Trump la lettera di nomina già inviata al comitato del Nobel. La mossa arriva dopo anni in cui il premier israeliano aveva sollecitato un’azione militare diretta degli Stati Uniti contro il programma nucleare iraniano.

Durante l’incontro, i due leader hanno discusso anche del conflitto a Gaza e di un possibile negoziato con l’Iran, dopo che Washington ha affermato che Teheran avrebbe espresso interesse a riaprire i colloqui sul nucleare. L’Iran, però, non ha ancora confermato ufficialmente. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato che i raid USA hanno gravemente danneggiato le infrastrutture nucleari e che il Paese non è al momento in grado di consentire accesso pieno agli ispettori internazionali.

Intanto, la Casa Bianca spinge Israele e Hamas a finalizzare un accordo per una tregua temporanea di due mesi, che aprirebbe alla distribuzione di aiuti umanitari e al rilascio parziale degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza. Steve Witkoff, emissario di Trump per il Medio Oriente, è atteso a Doha per colloqui indiretti con Hamas. Il nodo cruciale resta la natura della tregua: Hamas chiede la fine definitiva della guerra e il ritiro israeliano; Netanyahu insiste sulla resa totale del gruppo islamista.

A margine della cena, Netanyahu ha ribadito la sua visione sulla questione palestinese, escludendo la possibilità di uno Stato pienamente sovrano. "Credo che i palestinesi debbano avere tutti i poteri per autogovernarsi, ma nessuno di questi poteri dovrebbe minacciarci. Questo significa che il potere decisionale, come la sicurezza generale, rimarrà sempre nelle nostre mani", ha dichiarato ai giornalisti. "È un dato di fatto, e nessuno in Israele accetterà qualcosa di diverso, perché non possiamo ignorare certi fatti". Il premier israeliano ha però lasciato aperto uno spiraglio per una pace regionale: "Vogliamo la vita, la teniamo cara — per noi stessi e per i nostri vicini. E penso che, con la leadership del presidente Trump, possiamo costruire una pace ampia e duratura con tutti i Paesi della regione".

Interrogato infine sul suo discusso piano di ricollocazione dei palestinesi sfollati, Trump ha evitato una risposta diretta, passando la parola a Netanyahu. Il premier israeliano ha dichiarato che il presidente sostiene il principio della “libera scelta” e ha confermato che Israele sta lavorando con Washington per individuare Paesi terzi disposti ad accogliere parte della popolazione palestinese evacuata da Gaza.

Nonostante l’apparente armonia, Netanyahu resta stretto tra la pressione americana per porre fine al conflitto e le richieste delle forze ultranazionaliste della sua coalizione, contrarie a una tregua. Ma dopo l’intervento militare congiunto contro l’Iran, e con Trump tornato in prima linea sulla scena internazionale, la sua capacità di dire "no" a Washington appare sempre più limitata.

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