
Le dimissioni hanno innescato subito la suggestione all'interno del multiforme universo del centrosinistra di tendenza riformista. E se fosse Elisabetta Belloni la potenziale frontrunner in grado di fare da alternativa al Pd radicalizzato versione Elly Schlein? Al momento si tratta di speculazioni, ragionamenti. E, soprattutto, non è affatto detto che l'interessata - profilo da civil servant di alto livello - voglia tentare l'avventura politica. Quel che è certo è che l'ex direttrice del Dis lascia anzitempo l'incarico di consigliere diplomatico della presidente della commissione Europea Ursula von der Leyen e tornerà in Italia a settembre, dove a oggi non la attendono nuovi incarichi istituzionali.
Un addio che arriva dopo solo sei mesi dalla nomina, preceduta dalle dimissioni dal vertice del Dipartimento che coordina le attività delle agenzie di Intelligence, arrivate a inizio gennaio scorso. Fatti che si incastrano con la crisi di identità in cui versano le componenti più moderate del fronte progressista, avviluppate da mesi in uno stanco casting per lanciare una leadership alternativa a Schlein, ma anche alle altre due punte del campo largo giallo-rosso-verde, ovvero Giuseppe Conte e il duo composto da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni.
Tra resa dei conti al Nazareno, "tende" centriste evocate da Goffredo Bettini, Ernesto Maria Ruffini pronto a scendere in campo e correnti che spuntano come funghi, un nome del calibro di Belloni sarebbe uno dei pochi in grado di sgomberare il campo da personalismi, veti, ambizioni smisurate. Insomma, l'identikit della anti-Schlein ci sarebbe tutto. Più nuovo, politicamente, rispetto allo sperimentato Paolo Gentiloni, su cui pesa già una esperienza a Palazzo Chigi e i trascorsi da ministro delle Telecomunicazioni nell'ultimo governo Prodi e di titolare della Farnesina ai tempi del governo guidato da Matteo Renzi.
Suggestioni che si inseriscono in un dibattito interno al Pd sempre più teso. "Il rischio è che il Pd diventi un club ideologico", ha avvertito l'europarlamentare Pina Picierno in un'intervista a Il Domani. Un'altra riformista, Lia Quartapelle, attacca: "Il Pd è l'unico partito strutturato in Italia, il che implica anche vivacità democratica. Certo, se gli organismi dirigenti si riunissero quando serve (per esempio per una valutazione del voto), ci sarebbero meno interviste. Se si soffoca il dibattito interno, questo poi emerge altrove". Mentre sia Gentiloni sia Lorenzo Guerini hanno mandato un messaggio chiaro alla segretaria, spiegando che è demagogico contrapporre spese per la Difesa e Sanità e Welfare.
Una figura, quella di Belloni, che era entrata anche un'altra volta nel tritacarne politico. Alla fine di gennaio del 2022, la diplomatica di lungo corso, già segretario generale della Farnesina, è stata a un passo dalla Presidenza della Repubblica, prima della rielezione di Sergio Mattarella. "Nostra Signora Italia", l'aveva benedetta Beppe Grillo, trovando l'apertura della Lega e di Giuseppe Conte. Al tentativo si oppose esplicitamente Matteo Renzi, giudicando inopportuno un eventuale passaggio dal Dis al Colle più alto.
"In una democrazia che funziona il capo dei servizi segreti non diventa Capo dello Stato. Questo succede in Paesi anti-democratici. La rispetto ed è una mia amica ma bisogna avere il coraggio di dire che la sua elezione sarebbe sbagliata", commentò Renzi in quella occasione. Quindi l'ascesa al Quirinale sfumò.
Poi si riparlò di lei, a settembre del 2022, dopo le elezioni politiche, come possibile ministro degli Esteri del nuovo governo. Ma non se ne fece niente. Ora il ritorno in Italia, dopo la breve parentesi a Bruxelles. Con i riformisti alla finestra.