Acqua e luce ai nomadi le paghiamo noi

Tali privilegi suscitano perplessità nei cittadini costretti a mettersi in coda per una casa

Roberta Bottino

Nomadi a peso d'oro, e a farne le spese, come al solito, sono i genovesi. Un ringraziamento particolare va al Comune, che ogni anno tira fuori dalle sue casse perennemente in rosso 177 mila euro, circa 343 milioni di vecchie lire, per pagare le utenze degli accampamenti. Acqua, energia elettrica che i cittadini pagano a caro prezzo, sono invece gratis per i nomadi. Facciamo qualche esempio. Il campo di via dei Pescatori nel 2005 è costato al Comune di Genova per quanto concerne l'acqua 45.000 euro, mentre per l'energia 24.000 euro. L'accampamento di Bolzaneto ha fatto sborsare alla civica amministrazione la bellezza di 30.000 euro per l'acqua e 28.000 euro per l'energia. Ultimo il campo di via Adamoli, che è costato rispettivamente 10.000 e 1.934 euro. Cifre consistenti che tirando le somme ammontano complessivamente per l'acqua a 85.000 euro, per l'energia a 53.934 euro.
Ma c'è di più. Il Comune di Genova per poter mantenere il campo nomadi di via dei Pescatori è costretto a pagare all'autorità portuale 18.000 euro all'anno per l'occupazione di suolo pubblico. Numeri che lasciano sicuramente senza fiato, e che per l'ennesima volta fanno comprendere quanto Tursi abbia un occhio di favore nei confronti dei nomadi. Senza contare che secondo i dati forniti dalla Questura, l'ottanta per cento delle persone che vivono in questi accampamenti sono pregiudicati. La stragrande maggioranza sono indagati per reati contro il patrimonio, soprattutto furti in appartamenti, in negozi e borseggi. Gli agenti di polizia che effettuano i controlli nei campi nomadi riscontrano ogni volta irregolarità igienico sanitarie. La domanda sorge spontanea: siamo obbligati a pagare le spese agli zingari? La risposta è no. Nessuna legge impone ai Comuni di mettere a disposizione aree attrezzate per ospitare le roulotte stanziali, e soprattutto nessuna norma impone di pagare le loro bollette. La Liguria, come altre regioni, ha deciso di «seguire la legge regionale n. 21 del 27 agosto 1992 che regola gli interventi a tutela delle popolazioni zingare e nomadi. Tredici articoli nei quali si legge: «La Regione Liguria tutela la cultura e l'identità di queste minoranze etniche. A tal fine detta norme per favorirne il diritto al nomadismo e alla stanzialità sul territorio regionale, il diritto a fruire dei servizi pubblici, i diritti all'attività lavorativa, alla formazione e sviluppo dell'istruzione scolastica e professionale». Le forme d'intervento elencate nel bollettino ufficiale regionale sono perseguite attraverso l'erogazione di contributi ai Comuni per la realizzazione, la gestione e la manutenzione dei campi di sosta appositamente attrezzati; la predisposizione di programmi d'intervento per garantire ai nomadi tutela sociale ed assistenza sanitaria pari a quella data alla popolazione ligure; iniziative di sostegno dell'attività di artigianato e di commercio di prodotti tipici dei nomadi; l'erogazione di contributi per il supporto ad iniziative di istruzione con particolare riguardo ai bambini in età scolare, e infine le agevolazioni per il reperimento della casa da parte degli appartamenti alle popolazioni nomadi che preferiscano adottare vita sedentaria. A questo punto è chiaro chi siano i «figli prediletti» del Comune di Genova. E i genovesi? Sono in coda nell'attesa di poter ottenere un alloggio di edilizia residenziale pubblica, incrociando le dita nella speranza di non venire sorpassati dalle famiglie nomadi.

Mille privilegi che suscitano un po' d'invidia, a maggior ragione se si pensa alla «raccomandazione» dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa che chiede più soldi per gli alloggi ai nomadi e per il sostegno dei loro redditi. Due pesi e due misure? Sembrerebbe proprio di sì.

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