Diesel Euro 5 salvati: lo stop slitta di un anno. E la Ue frena su multe e ossessioni "green"

Modifica al Dl Infrastrutture: blocco dal 2026. Bruxelles rivede il Regolamento sulle emissioni

Diesel Euro 5 salvati: lo stop slitta di un anno. E la Ue frena su multe e ossessioni "green"
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«L'Europa ci dà finalmente ragione. Occorre agire subito. La Commissione Ue si è allineata alla nostra richiesta di anticipare la revisione del regolamento sulla CO2. Ora si può operare nel merito introducendo il principio della piena neutralità tecnologica». È il commento di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, alla notizia che Bruxelles intende adottare nel secondo trimestre del 2026 la revisione del Regolamento sugli standard CO2 per le auto. Lo stesso esecutivo Ue ha infatti avviato, sulla questione, un'indagine pubblica rivolta a cittadini e parti interessate. Tutte azioni di consultazione, però, che avrebbero dovuto essere messe in atto nel momento in cui, a Bruxelles, si sono gettate le basi del piano volto a imporre le sole auto elettriche dal 2035 come soluzione decarbonizzante, in barba alle altre «eco-alimentazioni», i biocarburanti in primis.

Ma c'è un'altra novità che, in questo caso, interessa da vicino l'Italia e i possessori di auto Euro 5 Diesel, le stesse che dal primo ottobre 2025 sarebbero state bandite dalle strade di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Ebbene, la scadenza è stata posticipata, per intanto, di un anno. A stabilirlo è un emendamento al DL Infrastrutture, approvato dalle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera. La limitazione, inoltre, sarà applicata in via prioritaria alle aree urbane dei Comuni con almeno 100mila abitanti (fissata, invece, a 30mila la soglia precedente).

Il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, definisce la decisione come una «scelta di buon senso», ricordando la volontà del suo dicastero «di garantire interventi» per modificare i divieti. E Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'Ambiente: «Quanto deliberato consente di conciliare la tutela della qualità dell'aria con la necessaria attenzione verso i cittadini, le imprese e i territori». Interviene anche l'eurodeputata Isabella Tovaglieri: «Salvaguardati, in questo modo, mobilità e lavoro di cittadini e imprese in Lombardia». Il divieto avrebbe riguardato circa 1,3 milioni di veicoli, per lo più immatricolati tra il 2009 e il 2015. La battaglia ai Diesel Euro 5 era legata a una procedura di infrazione europea dovuta al continuo superamento dei livelli di inquinamento da parte dell'Italia.

Dunque, quando si parla di auto, ritenuta unica colpevole di buona parte dei problemi ambientali, di mezzo c'è sempre l'Ue le cui decisioni ideologiche hanno determinato risultati devastanti per il sistema industriale europeo. Ma per fortuna, grazie alle pressioni di molti governi (non sono mancati i dietrofront), con l'Italia capofila, la Commissione Ue è stata costretta a tornare sui propri passi. Da qui la nota emanata da Bruxelles: «La revisione del Regolamento sugli standard di CO2 terrà conto degli sviluppi tecnologici pertinenti e della necessità di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa verso una mobilità a zero emissioni. Le parti interessate, tra cui l'industria, le piccole e medie imprese, le organizzazioni imprenditoriali e la società civile, sono invitate a esprimere le proprie opinioni entro il 29 settembre prossimo».

Da parte sua, nelle prossime settimane il ministro Urso sarà prima a Berlino e poi a Parigi allo scopo di trovare «l'unità d'intenti tra i grandi Paesi: insieme possiamo salvare l'auto europea dalle follie del Green Deal».

Il non paper sull'auto, proposto tempo fa dall'Italia insieme alla Repubblica Ceca e con il supporto di 15 Paesi europei, ha avuto un ruolo fondamentale nel portare Bruxelles a rivedere le norme, dettate dall'ideologia, sulla CO2. Il documento, infatti, poneva due condizioni preliminari: l'anticipo della revisione del regolamento e la rimozione dell'ostacolo delle super multe miliardarie, per ora slittate di tre anni.

È intanto al lavoro, sempre in sede Ue, la neonata Commissione d'inchiesta che punta a fare chiarezza sulla pubblicazione di ricerche, studi

e indagini che «rivelando solo mezze verità sta ingenerando nella pubblica opinione una confusione che disorienta e danneggia il mercato dell'auto», accusa Massimo Artusi, presidente di Federauto (concessionari italiani).

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