Action, arresti domiciliari per cinque leader

Claudia Passa

Per Nunzio D’Erme, Guido Lutrario e altri tre antagonisti di Action il tribunale del Riesame ha disposto gli arresti domiciliari; per due loro «colleghi» l’obbligo della firma. Questa è la prima notizia. La seconda è che, ironia della sorte, la notizia ha raggiunto i due leader dell’Agenzia comunitaria per i diritti a Strasburgo, dove assieme a Francesco Caruso, portabandiera dei no-global napoletani, avevano appena finito di redarguire la Commissione libertà civili del Parlamento europeo sulla «criminalizzazione dei movimenti e le lotte per i diritti civili in Italia».
E così l’illusione d’aver messo a segno un punto a favore - covata dagli attivisti di Action dopo l’approvazione in Giunta di una proposta di delibera per pagare l’affitto dell’edificio okkupato in via Caltagirone - è andata ieri a cozzare contro il pronunciamento del tribunale del Riesame presideuto da Francesco Taurisano, che ha accolto il ricorso della procura e disposto le misure cautelari che precedentemente il gip Emanuele Cersosimo aveva negato. Il provvedimento di custodia cautelare domiciliare riguarda Nunzio D’Erme, Guido Lutrario, Giovanna Cavallo, Andrea Alzetta e Fabrizio Nizzi; l’obbligo di firma riguarda invece Fabrizio Pagnozzi e Luca Blasi. Per tutti, però, le misure cautelari non verranno eseguite poiché gli interessati - indagati per associazione per delinquere finalizzata all’occupazione di immobili - hanno annunciato che impugneranno la decisione del Riesame davanti alla Corte di Cassazione.
Nel fascicolo del pm Salvatore Vitello compaiono ben 26 occupazioni abusive che, a partire dal 2002, sono state rivendicate dal gruppo antagonista. Secondo indiscrezioni dagli ambienti giudiziari, l’inchiesta sarebbe prossima alla conclusione e al deposito degli atti che prelude la richiesta di rinvio a giudizio. Ma comunque vada a finire la vicenda giudiziaria, il pronunciamento del Riesame getta benzina sul fuoco della polemica politica. Pochi giorni fa, infatti, la Giunta Veltroni aveva approvato una proposta di delibera per lo stanziamento di due milioni di euro, destinati a pagare l’affitto di un immobile in via Caltagirone okkupato da Action. A questo proposito, il consigliere comunale di An Marco Marsilio ha mostrato approvazione per la decisione del giudice: «Adesso il sindaco - ha commentato - si deve rimangiare la proposta di delibera. Altrimenti il Comune legittimerà la pratica delle occupazioni abusive e Veltroni sarebbe oggettivamente complice di una presunta associazione a delinquere». Dello stesso avviso Federico Mollicone, capogruppo di An in I municipio, che a proposito dell’edificio di via Caltagirone ha accusato il Campidoglio di aver «preso in giro il prefetto Achille Serra» che aveva sollecitato la soluzione della controversia entro il 10 luglio, pena lo sgombero immediato.
Agli indagati non è mancata invece la solidarietà di un pezzo da novanta come il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, che ha definito la decisione dei magistrati «un altro gradino scavato nell’escalation contro il conflitto sociale e le azioni di lotta più efficaci in difesa dei più deboli e dei più esposti alla crudeltà del mercato e delle politiche neoliberiste».

E subito dopo ha lanciato il suo segnale al sindaco Veltroni, alle prese con un consigliere comunale - D’Erme, per l’appunto -, già titolare della delega per il «bilancio partecipato», raggiunto dal terzo provvedimento cautelare di arresto domiciliare in due anni, dopo il letame di Palazzo Grazioli nel 2003 e la «spesa proletaria» nel 2004. «L’azione di Action - ha mandato a dire Bertinotti - è stata riconosciuta socialmente meritoria nel Consiglio comunale di Roma». Nessuno, dal Campidoglio, se l’è sentita di smentire.

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