Prima di una visita di Stato, di una cerimonia ufficiale, di un incontro internazionale ai massimi livelli, di un evento di elevata risonanza, c'è sempre una piccola squadra di funzionari che ha anche un compito segreto ma ineludibile: individuare i bagni. Logistica e tempistica: dove sono e quanto tempo occorre per raggiungerli. Tema più facilmente affrontabile in grandi alberghi, dove i servizi sono sempre vicini alle sale di rappresentanza, piuttosto che in prestigiose sedi storiche, palazzi con più affreschi che water, dove spesso i percorsi sono lunghi e complicati. Gli addetti memorizzano, e poi vigilano in assoluta riservatezza pronti ad accompagnare la personalità nel luogo, in quel momento, più desiderato. La figura non è quella del «garcon pipi» immaginato da Mel Broox nei giardini della reggia di Versailles nell'atto di porgere ai nobili un secchio di metallo nel quale scaricare la vescica: è, verrebbe da dire, la sua versione moderna, compita, silenziosa e svelta come richiesto dal protocollo.
Negli ambienti del Quirinale qualcuno ricorda ancora quanto il tema fosse vivo durante la presidenza di Giuseppe Saragat, che da appassionato del buon vino presentava la frequente necessità di liberarsene. A ogni visita ufficiale la scorta aveva una mappa dei bagni a disposizione lungo tutto il percorso, pubblici e privati, casomai ce ne fosse stato bisogno. Ma anche con presidenti più sobri le cose non è che vadano diversamente, perchè su certi temi non ci può essere improvvisazione e l'emergenza è sempre in agguato.
Facile per qualche vecchio presidente del Senato alle prese con la prostata sospendere per qualche minuto la seduta oppure farsi sostituire. Più complicate, invece, le cose in trasferta. Al G7 di Napoli del 1994 il primo ministro giapponese ebbe la bella idea di assaggiare a cena una pizza napoletana, sottovalutando l'intolleranza al lattosio propria della sua gente. Passò la notte in bianco e durante i lavori dell'indomani a Castel dell'Ovo fu visto sparire repentinamente ogni dieci minuti, terreo, per raggiungere dei bagni che, per giunta, non erano a portata di mano. Un supplizio.
Papa Wojtyla fu per lungo tempo un vero tormento per le sue guardie del corpo. All'inizio del suo pontificato egli soleva fare lunghe passeggiate in montagna durante le quali emergeva quella prosaica esigenza personale: anche il Papa è uomo. Nulla di male, certo, ma i funzionari erano terrorizzati all'idea che qualche fotografo potesse carpire delle immagini del Santo Padre in pose troppo terrene, rese più goffe e ridicole dagli abiti religiosi. Così ogni escursione era preceduta da studi particolari sui percorsi, con lo scopo di individuare con astuzia punti all'aperto sottratti alla vista di estranei e, allo stesso tempo, controllabili dalle guardie. Unico spettatore, il paesaggio.
E poi, il tema si pone in maniera drammatica durante alcune interminabili cerimonie dove le autorità più elevate sono costrette a ore di immobilità senza scampo: matrimoni regali, funerali solenni, cerimonie d'insediamento, dove a regine, re, principi, papi, presidenti è rivolta una visibilità che rende impossibile qualunque allontanamento extra programma. Spesso si tratta di persone attempate, legittimamente provate dall'usura dell'età. Ebbene: per costoro il rimedio universale è il pannolone. Più diffuso di quanto si creda. Un segreto trattenuto con estrema riservatezza all'interno di una ristrettissima squadra di servizio: nessuno ne parla, un tabù. Ma talvolta sono le stesse autorità a richiederlo, per evitare ansie e tensioni. Del resto, però, guardando all'età di tanti regnanti e presidenti, e all'indubbio sacrificio a loro richiesto, la cosa appare persino normale, visto che si tratta nient'altro che di tecnologie messe al servizio del benessere personale. Si pensi a certi cortei che la Regina d'Inghilterra percorre sulla carrozza trainata da pariglie di cavalli bardati, circondata da spesse ali di popolo arginate dalle transenne: come potrebbe mai far bloccare gli equini, scendere, fendere la folla e avventurarsi in un pub? La regina, fuori dal castello, va solo in bagni programmati, accompagnata dalla servitù che poi aspetta fuori. I presidenti di Stati Uniti e Russia per i quali l'obbiettivo della sicurezza prevale sulle esigenze del cerimoniale vengono preceduti da una guardia fin dentro al loculo dell'intimità, perchè è necessario verificare che un attentatore non sia nascosto dietro alla porta. Come in un film.
Curiosando nella memoria degli illustri membri dell'Accademia del cerimoniale, ci s'imbatte in un incidente clamoroso che ha attinenza con il tema delle toilette. Una delegazione governativa di un Paese centroafricano fu ospitata per una visita ufficiale in un hotel a 5 stelle di Firenze. Presidente e ministri non avevano mai visto un bidè; poichè il water era protetto da quella fascia di carta posta a garanzia dell'igiene, lo pensarono fuori uso e credettero che il sanitario sconosciuto fosse lì per sostituirlo. Il resto lo lasciamo immaginare ai lettori. Le grida delle cameriere si sentirono ben oltre il piano, il direttore, lui stesso inorridito, dovette risolvere il problema della pulizia con laute mance e gli addetti al cerimoniale del governo italiano dovettero assumersi l'imbarazzante compito di spiegare agli ospiti a che cosa serve e soprattutto a che cosa non serve un bidè.
Anche il cibo dei luoghi ufficiali ha delle regole rigide e nascoste. Secondo il rango dell'ospite, soprattutto se estero, in cucina un incaricato della sicurezza vigila normalmente sulla preparazione delle pietanze: il rischio di attentati gastrointestinali esiste, e va affrontato.
Molto spesso gli addetti al servizio di sicurezza della nazione straniera, all'uscita dei piatti, chiedono quale sia quello destinato al presidente e, all'ultimo, lo scambiano con un altro, eliminandolo: veleni o purghe eventuali finiscono così nella pattumiera.
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