Ricordando Aldo Allievi, uno degli uomini che hanno fatto davvero la storia del basket italiano, ci è venuta in mente una frase di un film famoso che come titolo sarebbe andato bene anche per la Pallacanestro Cantù che nell'era del "sciur Aldo" ha vinto 3 scudetti, 2 coppe Campioni, 2 Intercontinentali, 4 coppe delle Coppe e 3 Korac, ma, soprattutto, 13 dei 15 titoli giovanili della società che educava a vincere anche fuori dal campo.
Era davvero verde la sua valle del Cantuki, quella dove ha inventato un modo di essere, vivere, giocare, sentire lo sport, che nessuno riuscirà mai ad imitare. In quel film c'è un momento in cui i protagonisti dicono qualcosa che certo si sono detti i quattro giganti che ultimamente ci hanno lasciato, perché prima di Allievi (morto ieri a Como, in seguito a complicazioni per un delicato intervento chirurgico) il grande basket ha pianto, in questo breve periodo, Porelli, Rubini e Coccia: «Non c'è bisogno di dirci addio: vivremo ciascuno nel ricordo dell'altro».
Tutto vero. L'uomo che si era inventato la Pallacanestro Cantù, rivoltandola come un guanto, dopo averla studiata bene da dentro fra il 1956 e il 1969, anno in cui divenne presidente, passerà alla storia di questo sport in Europa per essersi inventato una chiesa che ha dato giocatori speciali come Marzorati, Riva, Della Fiori, Recalcati, allenatori che hanno fatto scuola, da Stankovic a Primo, da Taurisano a Bianchini, dirigenti che hanno difeso non soltanto il loro castello, fra questi suo figlio Roberto che poi è stato anche presidente di Lega come il Gianni Corsolini che nella società è stato tutto, prima allenatore e poi manager, come il Lello Morbelli che divenne il più rigoroso dei suoi vescovi.
Allievi e il collegio dove studiavi per essere qualcuno: in campo e fuori. Il sciur Aldo esploratore di terre speciali dove riusciva a convertire al basket industrie che mai avevano pensato di poter diventare famose mettendo il loro marchio sulle maglie di quella società brianzola che sfidava le grandi d'Europa battendole spesso, indicando sempre una via che poi è diventata quella maestra per la nascita di un movimento emancipato.
Ci lascia a 83 anni, ma sarà soltanto per un momento.
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