Addio Regazzoni Svanita in auto una vita da pilota

L’incidente sulla A1 causato da un malore. Con la Ferrari la prima vittoria; nel 1980 lo schianto che lo paralizzò

da Parma

Era il 30 di marzo quel giorno a Long Beach, California bella e intrigante, California di donne avvenenti che Dio solo sa quante volte Clay aveva stregato con il suo essere pilota di F1, dicevano gli invidiosi; no, con i suoi baffi allegri e il sorriso ironico e gli occhi coraggiosi ribattevano invece gli amici veri e ammettevano le dirette interessate. Era il 30 di marzo del 1980, giro 50, e la sua Ensign non era bella come la Ferrari di qualche anno prima e neppure come le donne che frequentava, però l’aveva caparbiamente portata in quinta posizione quando perse il controllo e andò a sbattere contro un’altra vettura ferma vicino al muretto. Il sole nella sua vita andò via quel giorno: paralisi agli arti inferiori, fu il verdetto del terribile incidente. Da quel giorno, Clay è diventato un simbolo per i disabili, capace, com’è stato, di lottare e combattere per dimostrare al mondo che si poteva condurre una vita normale anche partendo da una sedie a rotelle.
Erano da poco passate le quattro del pomeriggio, ieri, sull'autostrada A1, Parma, allo svincolo con la A15 della Cisa, quando il sole riacceso in anni di battaglia contro l’handicap, si è spento per sempre. Tre mezzi coinvolti, la monovolume Voyager di Clay, un tir, e un’altra auto. Sembra che a innescare lo scontro sia stato l’ex pilota. Gli agenti della polstrada non si sbilanciano; si parla di un malore, forse un colpo di sonno. Si vedrà. L’ex ferrarista si stava recando in città per una manifestazione del Club Italia, l’associazione di auto storiche a cui teneva moltissimo.
Quel giorno del 1980 i soccorritori non ebbero dubbi sulla gravità dell’incidente, «la sua posizione nell’abitacolo era terribile, quasi piegato in due» raccontò un testimone. E ieri non hanno avuto dubbi i primi automobilisti fermi sul posto: «Questo è l’ex pilota, è morto». Gian Claudio Giuseppe Regazzoni, detto Clay, è andato via così, in auto, come sapeva perfettamente che sarebbe potuto accadere in quegli anni assurdi ed eroici di F1 e come non si aspettava più. Nato a Mendrisio 67 anni fa, Clay ha vinto cinque Gp e, nel 1974, è stato vice campione del mondo F1 con la Ferrari (per cui corse in due riprese, dal ’70 al ’72 e dal ’74 al ’76) dietro a Fittipaldi. Leggenda vuole, ma non lo è, che fu proprio lui a indicare Niki Lauda alla Ferrari, conosciuto nel ’73, quando se lo trovò come giovane compagno di squadra in Brm. Solo che quando l’ambizioso e preciso austriaco arrivò a Maranello, in quattro e quattr’otto conquistò i favori del Drake e dell’allora direttore sportivo, Luca di Montezemolo.
E ieri sera, quasi a riunire idealmente una famiglia da corsa nel giorno del dolore, sono subito arrivate le parole di Montezemolo e Lauda. Il presidente della Ferrari: «Con Clay Regazzoni scompare un pilota e un uomo coraggioso e generoso che ha sempre interpretato la vita in questo modo. Lo ricordo non solo come un mio pilota in anni indimenticabili, ma anche come un vero appassionato della Ferrari. Per lui le corse erano ardimento e sfida da affrontare al limite, dal primo all'ultimo giro... Insieme a lui e Niki ho festeggiato il mio primo Mondiale alla Ferrari, nel 1975, e non posso dimenticare i suoi grandi successi, sulle nostre macchine sia di F1 che Sport. È un momento per me di grande tristezza anche perchè il suo carattere da svizzero-napoletano lo rendeva unico anche al di fuori delle corse... e poi non scorderò mai Maranello-Roma in auto con lui». Sotto choc Lauda: «Da lui ho imparato a pensare positivo, ad amare la vita vivendola sempre fino in fondo. Era un amico, aggiungo, un fratello... E dire che in Ferrari abbiamo anche avuto dei problemi: Montezemolo mi chiamò e disse che ero io il numero uno. Ovvio che a Clay questa cosa non potesse andare giù, ma non me le mandò mai a dire, fu sempre diretto, quel che pensava diceva. Abbiamo anche litigato, ma ho sempre inteso questi atteggiamenti come manifestazioni di un carattere leale. Per questo non ho dubbi: da lui ho imparato a pensare positivo e il gusto per la vita...

Per la verità, ho imparato anche il gusto del rischio ai tavoli da gioco e quello per le belle donne... Però morire in un incidente stradale - chiede e si chiede Lauda - per uno come Clay, sembra davvero una beffa del destino».

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