Emanuela Fontana
da Roma
Cinque morti, una ragazza di 23 anni ancora dispersa e alcuni connazionali che ancora non rispondono ai messaggi, anche se su di loro non ci sono certezze negative. È il bilancio delle vittime italiane dell’attentato di Sharm el Sheikh, a tre giorni dalla tragedia in cui 64 persone hanno perso la vita tra le macerie del Ghazala Hotel e dello Sheraton. Passano dalla lista dei dispersi a quella delle vittime Daniela Bastianutti, la venticinquenne leccese in viaggio con la sorella Paola e Giovanni Conti, fratello di Sebastiano, il primo italiano dichiarato ufficialmente morto dopo l’esplosione. Sarebbe stato identificato anche il corpo di Rita Privitera, fidanzata di Giovanni, ma dalla Farnesina fino a ieri sera non sono arrivate conferme. Le autorità egiziane a la polizia scientifica continuano a cercare tra le macerie Paola, la minore delle sorelle Bastianutti. E ci sono ancora alcuni italiani che non hanno risposto agli sms che la Farnesina ha inviato in questi giorni a tutti coloro che erano in vacanza sulle coste del Mar Rosso, a breve distanza dall’esplosione. In particolare è difficile rintracciare chi si trovava in alberghi non italiani e una decina di turisti che erano a Sharm senza essersi appoggiati a tour operator. Ci si attiene però alle cifre ufficiali: cinque morti e un disperso, quattro vittime secondo le dichiarazioni del ministero degli Esteri. Potrebbe essere «ragionevolmente un bilancio definitivo», aveva chiarito Fini in mattinata, quando aveva anticipato che per i dispersi «bisognava temere il peggio». Ma dei 64 morti nell’esplosione di Sharm, 47 non sono ancora stati riconosciuti. E gli ospedali parlano di 88 decessi, smentendo il governo egiziano.
Prima delle conferme definitive, Fini aveva abbandonato la consueta cautela perché questa volta la prudenza potrebbe risultare fuorviante. E infatti in serata sono arrivate le prime due conferme: la polizia scientifica ha identificato i corpi di Giovanni, in modo assolutamente certo, e di Daniela Bastianutti, attraverso una serie di controlli e testimonianze. Se Daniela Vergara era stata riconosciuta da una scritta sulla fede nuziale, sono state conferme incrociate a portare la Farnesina all’identificazione dell’altra Daniela, 25 anni, studentessa di fisica. Il viaggio doveva essere un premio dei genitori per la laurea in Giurisprudenza della sorella Paola. In attesa del sì definitivo del Dna, il ministero degli Esteri conferma la morte di Daniela per la testimonianza di una guida turistica e per alcuni particolari che la famiglia Bastianutti aveva fornito alla Farnesina. Nelle macerie di Sharm è stato trovato anche Giovanni Conti, 28 anni, cameraman di Rei TV, identificato «sulla base di segni identificativi forniti dai familiari».
«Si può cominciare a pensare alle ipotesi peggiori», aveva anticipato Fini a proposito dei quattro dispersi. Il vicepremier lo aveva detto in tono addolorato ma secco, per non alimentare le speranze di chi si aggrappa a un’illusione, che i giovani non fossero ancora riusciti a chiamare a casa. Di contatti mancati in realtà alla Farnesina ce ne sono altri: persone che non hanno chiamato casa o che non rispondono agli sms. Fini ha spiegato che c’è comunque ottimismo «alla luce di precedenti situazioni analoghe, si tratta in ogni caso di persone che non erano nell’albergo in questione». Il vicepremier ha garantito che il ministero «sta facendo tutto il possibile in collaborazione con le autorità del posto» che stanno operando in situazioni «oggettivamente difficili». Ha confermato che effettivamente c’è una lista di persone che ancora non rispondono ma che non rientrano nell’elenco dei turisti scomparsi: «Non si può affermare che siano disperse delle persone che erano a Sharm ma non negli alberghi colpiti - ha precisato in serata -. Si può avere la ragionevole certezza che il numero dei dispersi sia quello già indicato». Due persone si sono fatte vive per esempio soltanto domenica, perché si erano recate sul Sinai per una gita. Altre potrebbero contattare il ministero nelle prossime ore.
Ma è ancora presto per avere certezze. Ieri è stato predisposto il trasporto in italia di dieci campioni di Dna di vittime non identificate dell’attentato. L'operazione è condotta dal Dvi, il team «Disaster victim identification» del dipartimento anticrimine della Polizia, composto da un biologo, due tecnici biologi, un medico legale. «Se passa l’idea che ogni musulmano è un terrorista è la catastrofe», ha avvertito Fini.
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