Affida la figlia di otto mesi a una prostituta e scappa

La nomade, che una settimana fa ha investito e ucciso una rom, si è dileguata per paura di ritorsioni da parte dei familiari della vittima

Affida la figlia di otto mesi a una prostituta e scappa
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Patricia Tagliaferri

Investe una nomade uccidendola, l’arresto la salva dal linciaggio dei parenti della vittima, nonostante avesse in braccio una figlia piccolissima. Una volta libera si dilegua, non prima di aver abbandonato la bimba di otto mesi nelle mani di una amica, una prostituta minorenne. È una nomade anche lei e questo spiega il perché della fuga: il timore della vendetta dei familiari della donna investita. La dura legge dei rom.
La giovane sparita, Micaela B., romena di 25 anni, probabilmente, si convince che nel campo di via Candoni, alla Magliana, non sarebbe mai potuta tornare senza mettere a repentaglio la propria vita. Così decide di dileguarsi, lasciando la piccola Raluca alla sua amica, una ragazza di 17 anni che conosceva perché frequentava con lei gli stessi ambienti nella zona della stazione Termini. Doveva essere un favore di qualche ora, invece, passa una settimana e la nomade non si fa viva. La giovane prostituta si arrangia come può per provvedere alla bambina, tenendola con sé nella camera d’albergo, nei pressi della stazione, dove vive. Mentre lavora la affida ad una coinquilina. Sperava che la connazionale prima o poi sarebbe tornata a riprendersi la figlia. Poi, due giorni fa, decide che è il caso di fare qualcosa e si presenta in Questura per denunciare la scomparsa dell’amica. Ha in braccio la piccola, che stringe in mano un biberon, mentre racconta tutta la vicenda ai poliziotti e riconosce l’amica nelle foto segnaletiche. Parte della storia è ben nota a chi la ascolta.
L’incidente risale a martedì scorso. Micaela è a bordo della sua auto nel campo nomadi di via Candoni quando investe la connazionale. La giovane è ancora viva ma in gravi condizioni, il papà l’accompagna di corsa al San Camillo ma non ce la fa. Alla scena assistono un gruppo di nomadi. Per la ragazza al volante nessuna pietà, nonostante abbia in braccio una bambina piccola: la inseguono, vogliono linciarla. Lei si rifugia all’interno dell’adiacente deposito dell’Atac. È lì che viene salvata dai dipendenti dell’azienda e dai carabinieri che la arrestano per omicidio colposo e omissione di soccorso. L’indomani c’è il processo per direttissima. Il giudice convalida l’arresto ma la rimette in libertà. Micaela elegge il proprio domicilio nella zona di Termini, affida temporaneamente la figlia all’amica, poi scompare per paura di ulteriori ritorsioni. Ora la piccola Raluca è al Bambin Gesù in attesa che il Tribunale dei minori decida sul da farsi.

La lucciola diciassettenne è stata invece affidata al centro di accoglienza per i minori Sacra Famiglia. Gli investigatori sono al lavoro per cercare la romena, ma anche per capire come mai l’amica abbia aspettato una settimana prima di denunciare l’accaduto.

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