«Dozzine di talebani e trafficanti di droga sono stati uccisi» nell’ultima battaglia nella provincia di Farah, che ha coinvolto anche i soldati italiani. Lo ha rivelato al Giornale il generale Zahir Azimi, portavoce del ministero della Difesa afghano, spiegando che le operazioni anti guerriglia sono state condotte dall’esercito afghano con l’appoggio degli americani, sia terrestre che dal cielo, e di altre truppe della Nato, comprese quelle italiane. «I raid aerei, condotti dagli americani, hanno colpito zone rurali dove non abitano i civili», ha messo le mani avanti il generale Azimi. I talebani e fonti locali, però, denunciano che dallo scorso 20 agosto i bombardamenti avrebbero provocato almeno 70 morti fra gli abitanti della zona, spina nel fianco del nostro contingente di circa mille uomini dispiegato nell’Afghanistan occidentale.
L’area è sotto il comando del generale degli alpini Fausto Macor, e la Forza di reazione rapida italo-spagnola di base ad Herat è intervenuta a Shewan, epicentro dei combattimenti, con l’appoggio dei velivoli senza pilota Predator e di due elicotteri d’attacco Mangusta. Giovedì si è raggiunto l’apice degli scontri con i talebani, che avrebbero potuto travolgere il presidio di polizia di Shewan se non fossero arrivati i rinforzi italiani.
«Dozzine di talebani e trafficanti di droga sono stati uccisi durante le operazioni dell’esercito afghano, appoggiato dalle forze americane, nella zona di Shewan. Gli attacchi aerei Usa hanno colpito obiettivi in zone disabitate, e quindi non si sono registrate vittime fra i civili», ha ribadito il generale Azimi.
L’ultima fiammata nella provincia di Farah è scattata dopo l’imboscata a un convoglio dell’esercito afghano. I soldati di Kabul con le truppe della Nato, compresi i soldati italiani, hanno lanciato un’offensiva contro i talebani. Gli ultimi scontri sono durati cinque giorni, fino all’attacco al presidio di giovedì, che ha provocato la decisa reazione italiana. Oltre a due Mangusta, che non hanno sparato, è intervenuto un A-10 Thunderbolt americano. Il micidiale caccia carri ha sorvolato la zona, ufficialmente senza bombardare, ma solo utilizzando la tattica «show the force» (dimostrazione di forza), per disperdere i talebani che volevano piazzare trappole esplosive lungo la strada difesa da italiani e afghani, che porta al capoluogo di Farah.
I nostri soldati hanno risposto «a un nutrito fuoco nemico», secondo le scarne dichiarazioni rilasciate dal comando del nostro contingente a Herat. L’ordine tassativo giunto da Roma è di tenere la bocca chiusa. Il capo della polizia a Farah, generale Abdul Rahman Sarjang, ha dichiarato al Giornale che nei combattimenti degli ultimi giorni sono morti 4 poliziotti e due soldati dell’Ana, l’esercito afghano, mentre i feriti sono una decina. I morti fra i talebani e i loro alleati trafficanti di droga sarebbero una ventina. I tagliagole islamici, che spesso fanno uso dei civili come scudi umani, denunciano che dal 20 agosto sono stati uccisi una settantina di innocenti abitanti della zona. Anche fonti locali sostengono che i raid aerei hanno provocato vittime civili, ma per ora è impossibile ottenere un dato certo.
Inoltre l’offensiva è tutt’altro che conclusa, come spiega al Giornale il generale Azimi: «L’operazione per ripulire la provincia di Farah continua, e i talebani saranno sconfitti».
Ha collaborato Bahram Rahman
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