Agguato a Belpietro: «Era solo un ladro»

MilanoSi chiude con un sospiro di sollievo l’indagine della Procura di Milano sull’ipotesi di un attentato a Maurizio Belpietro: le indagini, partite l’1 ottobre scorso dopo che il caposcorta del direttore di Libero aveva aperto il fuoco contro un bersaglio non identificato, hanno permesso di accertare che non vi fu alcun tentativo di aggredire il giornalista.
Che questa fosse la conclusione raggiunta dai pm Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici era noto da tempo: nulla, tranne il racconto del poliziotto, aveva fornito elementi a sostegno della ipotesi di un agguato. Assodata la buona fede e il sincero spavento provato da Belpietro, restava da capire che peso dare alla deposizione di Alessandro Mastore, il poliziotto - tuttora addetto alla sicurezza del giornalista - che raccontava di avere incontrato un uomo sulle scale di casa Belpietro, di essere stato minacciato da lui con una pistola automatica simile a quella in dotazione alle forze dell’ordine e di avere fatto fuoco due volte per metterlo in fuga.
Sulla piena credibilità del racconto del caposcorta pesava un precedente: l’attentato sventato dallo stesso agente nel 1992 ai danni del procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio. Anche in quel caso Mastore era stato l’unico a vedere un uomo armato appostato nel cortile di un asilo nido sotto l’abitazione del magistrato. E, a distanza di anni, lo stesso D’Ambrosio aveva manifestato qualche perplessità sulla autenticità dell’episodio.
Ombre analoghe hanno pesato dall’inizio anche sul nuovo allarme con protagonista il medesimo agente, stavolta con Belpietro come presunto «bersaglio». Alla fine, la Procura ha concluso per la buona fede anche del poliziotto: Mastore non si è inventato nulla ma ha verosimilmente sopravvalutato il pericolo, quando probabilmente la figura incrociata sulle scale poteva essere un semplice ladro di appartamenti. Che non potesse essere un terrorista lo dimostra l’assenza di supporto logistico e il fatto che non avesse messo in conto di trovarsi davanti a un obiettivo protetto.
Brusca la replica di Belpietro: «Leggere certe motivazioni dei magistrati lascia perplessi. Leggo che non era un terrorista perché aveva un’arma non efficiente che si è inceppata. Come se poi i ladri girassero armati rischiando di beccarsi un’accusa di rapina e, se poi usano la pistola, di tentato omicidio.

L’altra cosa che emerge è che io non sono nel mirino di nessuno. Questo lo posso confermare: nessuno mi ha mai citofonato e mi ha detto “guarda che veniamo ad ucciderti”. Mi hanno solo mandato un mucchio di lettere di minaccia e in qualche occasione mi volevano pestare a sangue».

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