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Son Tay, il raid perfetto che fallì: l’operazione segreta Usa nel cuore del Vietnam

Il raid di Son Tay, una delle missioni più audaci della storia, si concluse un "fallimento tattico" che riaccese la speranza nei prigionieri di guerra del Vietnam

Son Tay, il raid perfetto che fallì: l’operazione segreta Usa nel cuore del Vietnam

Nel pieno della guerra del Vietnam, un raggruppamento misto di forze speciali statunitensi, informate e istruite dall'intelligence militare, si resero protagonisti di una delle operazioni più audaci della storia militare moderna: il raid di Son Tay, noto con il nome in codice di "Operazione Ivory Coast". Obiettivo della missione ad alto rischio era liberare decine di prigionieri di guerra americani che, secondo le informazioni ottenute dalla Cia, erano detenuti in un campo a pochi chilometri da Hanoi, nel cuore del Vietnam del Nord.

Dopo sei anni di conflitto aperto e almeno quindici di operazioni clandestine, l’intelligence americana stimava che oltre 450 americani fossero detenuti nelle prigioni nordvietnamite, la maggior parte dei quali piloti e personale in servizio su aerei ed elicotteri, tutti sottoposti a condizioni di detenzione estremamente dure, in violazione di ogni convenzione sui prigionieri di guerra. Per tali ragioni, le pressioni politiche e militari che invocavano operazioni di salvataggio mirate aumentarono progressivamente, e finirono per individuare nel complesso carcerario di Son Tay un obiettivo promettente, dato che, secondo le informazioni raccolte dall'intelligence, vi erano stati radunati oltre 60 prigionieri.

Per l’operazione furono selezionati quasi 150 uomini tra Berretti Verdi e Air Commandos. A guidare il raid venne scelto il colonnello Arthur D. “Bull” Simons, veterano leggendario delle operazioni speciali, già protagonista del celebre raid di Cabanatuan durante la Seconda guerra mondiale. La forza d’assalto terrestre, composta da circa sessanta operatori, fu suddivisa in tre sezioni: la Blueboy, incaricata di penetrare direttamente nel campo; la Greenleaf, destinata al supporto e eventuale rinforzo; e la Redwine, responsabile della sicurezza perimetrale e del contenimento di eventuali reazioni nemiche provenienti dall'esterno dell'installazione, che sarebbe stata presidiata come una fortezza fino alla completa esfiltrazione.
La pianificazione di ogni dettaglio dell'azione fu particolarmente meticolosa, tanto da riprodurre l'intero campo di prigionia a grandezza naturale per preparare gli assaltatori.

Per ridurre al minimo il rischio di intercettazione da parte dei nordvietnamiti, dotati di efficienti sistemi di difesa aerea forniti dai sovietici, i pianificatori del Pentagono decisero di far infiltrare i vettori d'assalto dal Laos. Il pacchetto aereo comprendeva elicotteri da trasporto e per operazioni speciali a lungo raggio Hh-3 e Hh-53, aerei da trasporto Mc/Hc-130, aerei da attacco al suolo A-1 Skyraider, caccia F-4 Phantom e bombardieri F-105 Wild Weasel per la soppressione delle difese aeree e dei sistemi radar annessi, per un totale di 28 velivoli con la copertura di un secondo pacchetto di supporto e diversivo fornito dall'aviazione di Marina.

Il 20 novembre 1970, con il favore dell'oscurità, l'intero gruppo fece rotta su Son Tay, giungendo sull'obiettivo alle 2:00 della notte e dando inizio all'operazione con il messaggio in codice di "Alpha, Alpha, Alpha".

L’inserzione colse completamente di sorpresa le difese nordvietnamite, e dopo l'eliminazione di torrette, nidi di mitragliatrici e alcune postazioni difensive, i possenti elicotteri da trasporto sbarcarono tutti gli assaltatori pesantemente armati, con uniformi verde oliva e occhialoni protettivi M44 con lenti rosse, ma non tutto andò secondo i piani. Il gruppo d'assalto Greenleaf atterrò per errore su un obiettivo secondario, scontrandosi con forze nemiche numericamente superiori, che vennero comunque neutralizzate. Nel frattempo, i Blueboy irruppero all’interno del campo, raggiunsero le celle… ma non trovarono alcun prigioniero. I detenuti erano stati trasferiti cinque mesi prima, rivelando quindi corrette, ma decisamente scadute, le informazioni raccolte dalla Cia, responsabile di un grave "fallimento d'intelligence".

In meno di trenta minuti dall’inizio dell’azione, i commando americani evacuarono l’area e rientrarono alla base senza registrare alcuna perdita in fatto di uomini ma con un elicottero Hh-3E in meno. Dal punto di vista tattico, l’operazione aveva fallito il suo obiettivo principale. Eppure, il raid di Son Tay portò delle conseguenze strategiche rilevanti.

La dimostrazione che gli Stati Uniti erano disposti a colpire nel cuore del Vietnam del Nord per salvare i propri uomini ebbe un effetto immediato sul trattamento dei prigionieri di guerra. Dopo il raid, le autorità nordvietnamite concentrarono i prigionieri americani in poche strutture centrali, come il famigerato Hanoi Hilton, ponendo fine all’isolamento e migliorando sensibilmente le condizioni di detenzione. Per molti ex prigionieri, Son Tay rappresentò un punto di svolta psicologico e morale, risvegliando i molti la fiducia nell'America che li aveva "abbandonati". In seguito alcuni prigionieri di guerra americani affermarono che il cibo, l'assistenza medica e persino la consegna della posta migliorarono notevolmente dopo il raid.

I prigionieri di Son Tay erano stati spostati a pochi chilometri di distanza, in un campo vicino a Dong Hoi. L'informazione era giunta all'intelligence statunitense la sera del 19 novembre attraverso un messaggio in codice inviato da Nguyen Van Hoang, una fonte di intelligence nel Vietnam del Nord. Come ricordarono in seguito gli incursori che presero parte a quell'audace operazione, quello che sembrò inizialmente un “buco nell’acqua” si rivelò uno dei più efficaci fallimenti della storia militare. Tutti i partecipanti al raid ricevettero la Silver Star, mentre il loro comandante, Arthur “Bull” Simons, divenne il simbolo dell’etica e della determinazione delle operazioni speciali statunitensi.

Il raid di Son Tay resta ancora oggi un caso di studio importante per le operazioni di salvataggio di ostaggi ed esfiltrazione su vasta scala, venendo considerato un’operazione perfettamente eseguita dal punto di vista militare, seppure incapace di raggiungere l’obiettivo prefissato.

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