AI LETTORI (CON EMOZIONE)

Nelle ultime ore avrò scritto questo editoriale mille volte nella mia testa, eppure adesso resto qui, davanti al foglio bianco, in questa stanza che è stata quella di Montanelli, Feltri, Cervi e Belpietro, a pensare che in fondo le cerimonie d’esordio sono come certe minigonne: se sono corte le apprezzano tutti, ma se le allunghi un po’ non hanno più senso.
Di solenni impegni, in effetti, ne sentiamo ogni giorno fin troppi. «Ci giudicherà il lettore», diceva il primo fondo del Giornale, 33 anni fa. Ci giudicherà il lettore, ripeto io adesso, risparmiandomi le promesse di rito. «Come va?», mi ha chiesto l’altro giorno un amico. «Sono fiducioso», gli ho risposto io. E lui: «Fai bene, la fiducia è quella sensazione che si prova prima di sbattere la faccia per terra». Di incoraggiamenti, per fortuna, ne ho ricevuti in queste ore anche di migliori.
Di certo, trovarmi sulle spalle, alla mia età e con la faccia ancora un po’ da ragazzino, un’eredità così importante mi fa tremare i polsi. E, se li avessi, anche i polsini. Ma vorrei innanzitutto rassicurarvi: sono ben consapevole di quello che rappresenta Il Giornale nella storia del Paese, delle difficoltà superate, delle battaglie vinte, della coraggiosa difesa di quei valori liberali che rischiavano (e ancora rischiano) di essere travolti.
Ora, appunto, tocca a me. Dalla mia esperienza in Tv cercherò di portare un po’ di vivacità, la velocità di interpretazione della realtà, la possibilità di leggere anche negli aspetti apparentemente più lievi le grandi trasformazioni della società. Ma non dimentico che su queste colonne sono cresciuto, qui ho iniziato come collaboratore, poi come redattore, poi come inviato e come editorialista. Qui ho respirato l’amore per la libertà e la schiettezza, qui ho imparato la forza delle inchieste, il coraggio delle opinioni controcorrente, il gusto dell’anticonformismo. Il Giornale è stato fin dall’origine così: irriverente, innovativo e sorprendente. Una grande palestra di idee, di dibattito, di critica sociale e culturale, oltre che politica. Qui sono nate le inchieste che hanno scosso il palazzo della politica quando Grillo era al massimo la spalla comica di Pippo Baudo e se si parlava di «casta» si pensava tutt’al più a una ragazza di morigerati costumi. Diciamocelo senza finta modestia: siamo sempre stati un passo avanti. E dovremo continuare ad esserlo, cambiando per rimanere noi stessi. O meglio, declinando le virtù che ci arrivano dalla tradizione nello spirito richiesto dai nuovi tempi.
È la sfida che ci aspetta, cari lettori. Che aspetta noi e voi insieme. Noi ci metteremo più energia possibile, morderemo con tutti i denti che abbiamo e se ce li spaccheranno, morderemo pure con le dentiere. Voi stateci vicini. Tante volte, in questi anni, in giro per l’Italia, qualcuno mi si è avvicinato con una copia del Giornale in mano e mi ha detto: «Coraggio, non siete soli. Siamo con voi». Ecco abbiamo bisogno che ce lo dimostriate ogni giorno di più.
«Ai lettori» s’intitolava trentatré anni fa il primo fondo del Giornale. Ai lettori, con emozione e con umiltà mi rivolgo io adesso. Non vi nascondo che il compito che ci spetta è difficile. Ma possiamo contare su un patrimonio di valori antico e condiviso, su un gruppo di firme prestigiose, e su una redazione formidabile, di cui conosco da sempre la professionalità e che in queste ore mi ha fatto sentire anche il calore dell’amicizia.

Di qui riparte la nuova stagione del Giornale, che ci auguriamo possa essere anche una nuova stagione per il Paese. Ci riusciremo? A voi il giudizio, oggi come 33 anni fa. Noi ci mettiamo al lavoro e basta chiacchiere, altrimenti altro che minigonna. Tra un po’ siamo al burqa.

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