«Ciao, ti volevo avvisare del fatto che se uno va in account, modifica amici, contatti, appaiono i numeri di cellulare di svariati amici... tra cui il tuo... se non lo hai fatto spontaneamente mi sembrava il caso di metterti al corrente del fatto». Il messaggio, dell’amico Fabio, arriva a tarda sera ed in effetti viene subito in mente che da giorni, su Facebook, gira un’allarme rosso: «Attenzione, non è uno scherzo...».
Già, non è affatto uno scherzo, basta controllare con una rapida apertura del computer: andate su internet, logatevi a Facebook, cliccate appunto «account», quindi «modifica amici» infine «contatti» e il gioco è fatto. Ovvero troverete i nomi e il numero di telefono di tutte le persone che avete tra le vostre amicizie virtuali e sul vostro smartphone. In questo caso leggerete il loro numero di cellulare, ma ovviamente chiunque sia in contatto con voi - chiunque sia vostro «amico» anche se in effetti non lo conoscete proprio - avrà il vostro. E la privacy? Appunto: il problema è questo. Il problema della privacy è il punto principale del futuro di internet e dell’hi-tech, perché oggi (e sempre più sarà in futuro) tutti i nostri dati, tutta la nostra vita, sono su una nuvola virtuale, l’ormai famoso cloud: ovvero una casa che non c’è se non nei server delle principali aziende digitali. Che, ovviamente, non possono permettersi di sbagliare. Tempo fa l’amministratore delegato di Microsoft Italia Pietro Scott Jovane, presentando il cloud dell’azienda di Redmond, diceva: «Bisogna fare la massima attenzione: se in questa materia sbaglia uno solo di noi, fa crollare tutto il sistema».
Nel caso di Facebook la falla è evidente, a giudicare dall’allerta che gira tra chi è iscritto, anche se a Mark Zuckerberg e i suoi ingegneri si può imputare probabilmente solo il fatto di non essere maggiormente chiari (questo è un dato di fatto) sulle procedure da seguire per avere cura dei propri dati: ognuno di noi dovrebbe pensarci da solo, ma internet è una frontiera che ancora pochi sanno maneggiare. Internet è libertà e la libertà spesso ci fa sentire invulnerabili. Poi, in realtà, il problema privacy esiste anche a livelli più alti, se è vero ad esempio che la nostra polizia postale ha avuto il via libera per accedere alle identità di chi frequenta il social più famoso del mondo. L’intento, ovviamente, è dei più nobili: contrastare fenomeni come la pedopornografia on-line, il riciclaggio e tutti i reati via web. Però: chi può sapere come va a finire? Insomma, siamo nel mondo del futuro e non v’è certezza di essere al sicuro dalle intrusioni esterne, però è anche vero che è più probabile che la nostra carta di credito sia clonata in un ristorante che su un sito di shopping on-line. In pratica il giusto mezzo si può trovare, e se alle aziende si può chiedere un po’ più di attenzione nella comunicazione agli utenti, chi si serve della rete non può pensare di «dimenticare» in giro pezzi della propria vita senza conseguenze sgradevoli.
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