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Aiuto, i cinesi si son mangiati anche la Volvo

Il mappamondo dell'economia gira sempre più veloce. La prima vettura Volvo fu prodotta nel 1927 a Goteborg e ci vollero settant'anni perché gli svedesi capitolassero alla forza degli americani della Ford. Dopo di allora sono bastati solo dieci anni perché gli americani cedessero ai nuovi padroni e, da ieri, la storica casa scandinava è ufficialmente parte del più grande costruttore privato cinese: la Geely. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno dato che le voci su di un accordo si susseguivano da mesi e un preliminare fu reso pubblico alla fine dell'anno scorso, tuttavia mancava la firma conclusiva con Ford, che è finalmente arrivata, insieme ai dettagli dell'accordo che parlano di una cifra vicina al miliardo e mezzo di euro. La somma finirà nelle stremate casse del vecchio gigante di Detroit, l'unica delle «grandi sorelle» dell'auto americana ad avere in qualche maniera resistito all'ondata micidiale della crisi, dopo che General Motors ha dovuto fallire e piegarsi agli aiuti dello Stato e che Chrysler è stata acquisita dall'intraprendente Fiat.
L'immagine di una Ford che «resiste», privandosi dei marchi come Volvo, che erano focali al suo vecchio piano di espansione, contrasta però in modo stridente con la velocità vertiginosa della crescita cinese. Basti pensare che quando Volvo venne acquisita da Ford, dieci anni fa, il nuovo proprietario Geely (fondata nel 1986 come fabbrica di frigoriferi) non aveva ancora venduto la sua prima vettura. Da allora, mentre gli americani non sono riusciti a cavare un ragno dal buco, mancando un obiettivo via l'altro, i cinesi hanno spiccato il volo fino ad arrivare all'acquisizione di questi giorni. È comunque evidente che finchè il differenziale di crescita fra le doppie cifre degli orientali e la stagnazione europea continuerà, il flusso di acquisti rischierà di diventare sempre più evidente. Già ora ci sono chiari segnali che gli enormi surplus finanziari della Cina vengano discretamente dirottati sui titoli di debito occidentali (statali e privati) rendendoci ogni giorno più dipendenti da questo creditore sempre più grande. Si pensa ad esempio che circa mille miliardi di dollari di debito americano siano finanziati da capitali cinesi e che recentemente gli acquisti vengano dirottati verso intermediari «schermo» per non destare eccessivo allarme. Se però le obbligazioni non hanno volto e non fanno notizia, quando i marchi storici cominceranno a passare di mano, come è capitato a Volvo, l'occidente dovrà fare qualche seria riflessione sulla bontà del proprio modello di sviluppo.
Sulla carta la strategia di Geely non fa una grinza, l'immagine internazionale di scarsa qualità e affidabilità della vettura cinese potrebbe essere corretta con l'innesto delle tecnologie scandinave che hanno una forte caratterizzazione proprio sui temi della sicurezza che è sempre stato il punto di forza del brand Volvo. Bisognerà tuttavia vedere come e se i nuovi proprietari riusciranno a gestire «cose aliene» come i conflitti dei sindacati e i vincoli delle normative europee senza ricorrere ai metodi sbrigativi utilizzati nella madrepatria. È probabile però che sarà solo questione di tempo ma che prima o poi Geely chiuderà tutta la produzione europea mantenendo nel Vecchio continente solo i laboratori di ricerca.

Gli sviluppi di quest'acquisizione vanno attentamente seguiti, sarà un laboratorio molto interessante per capire se non sia forse il caso di far imparare ai nostri figli gli ideogrammi invece dell'inglese.
posta@claudioborghi.com

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