da Roma
La riforma dalle fondamenta della giustizia italiana, ab imis come dice Silvio Berlusconi, il ministro della Giustizia la presenterà a settembre. Sarà «organica», spiega Angelino Alfano, studiata «senza preclusioni ideologiche e con rigore tecnico». Da realizzare in tempi rapidi, perché «nessuno darà attenuanti a questo governo se non sarà in grado di dare al Paese una riforma della giustizia».
Al convegno dell’Unione Camere Penali, che proprio quella riforma vuole sollecitare con proposte concrete, il Guardasigilli annuncia che il cantiere è già aperto a via Arenula. Niente «legislazione alluvionale», dice Alfano, ma una serie di interventi, che seguiranno in parte la via ordinaria e in parte quella costituzionale, «mirati» e non «punitivi» per qualcuno.
Nella sala il ministro ha di fronte portatori di esigenze e di posizioni politiche diverse. Ci sono tanti avvocati, in testa il presidente dei penalisti Oreste Dominioni e anche magistrati, a incominciare dal presidente dell’Anm, Luca Palamara. Saranno presto consultati, assicura il ministro, ma si sa che i loro obiettivi spesso confliggono, soprattutto se si parla di separazione delle carriere tra giudici e pm, di riforma della sezione disciplinare del Csm e di obbligatorietà dell’azione penale.
Oltre ai due avvocati deputati del Pdl Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno, per l’opposizione c’è il ministro ombra della Giustizia del Pd. E Lanfranco Tenaglia subito accusa Alfano di predicare bene e razzolare male: «Annuncia provvedimenti nell’interesse dei cittadini ma poi fa le norme per salvare Berlusconi».
Al Pd, Alfano lancia un appello, perché nel voto si distingua da «un partito giustizialista e manettaro» come quello di Di Pietro» e abbandoni un antiberlusconismo che «non fa bene né al Paese nè alla giustizia». Sarebbe un grave errore politico, sottolinea, prendere le distanze solo dopo gli attacchi al Quirinale e al Papa di piazza Navona.
Per i cittadini, avverte il Guardasigilli, il mondo si divide oggi in riformatori e conservatori.
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