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"All'Ariston canto in napoletano il rispetto tra uomo e donna"

La rivelazione del 2023 in gara a Sanremo: "I testi rap sono espressioni artistiche. L'educazione è di scuola e famiglia"

"All'Ariston canto in napoletano il rispetto tra uomo e donna"

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Geolier, arriva al Festival di Sanremo con il disco più venduto dell'anno (Il coraggio dei bambini) e con tre concerti allo stadio Maradona già quasi sold out.

«Mi riempivo la bocca quando cantavo al Palapartenope, ora non riesco neanche a esprimere la gioia».

E all'Ariston canta un brano tutto in napoletano, I p' me, tu p' te, che sta per «io per me tu per te». C'è solo un verso in italiano.

«L'anno scorso mi ero presentato in coppia con Lazza con il brano Chiagne ma non era il momento giusto. Mi sono detto: se mi ricapita, ci vado comunque con un brano in napoletano».

Cos'è cambiato?

«Ora la scena napoletana è davvero esplosa».

Molti telespettatori del Festival potrebbero non capire il testo della sua canzone.

«Lo immagino. Ma, come ripeteva Pino Daniele, accusatevi o' groove, cogliete l'atmosfera. Anche se non si capisce esattamente ciò che dico, si capirà che sto dicendo qualcosa di intenso».

Il rapper Geolier si chiama in realtà Emanuele Palumbo, ha 23 anni, è di Secondigliano, nord di Napoli vicino a Scampia, parla un napoletano verace e non è un fenomeno usa e getta. E non c'entra solo il suo disco best seller dell'anno con cinque dischi di platino, la prima volta nella storia per un artista di Napoli. Non c'entrano neanche i tre, forse quattro concerti di giugno al Maradona, roba che neanche Coldplay o Springsteen. In un panorama musicale fatto di filtri e sovrastrutture, Geolier colpisce perché è puro e, più ancora della canzone, al Festival vincerà con la genuinità di un ragazzo che ha la terza media ma ha fame di imparare e gioca un campionato a parte, quello di chi parla con la propria musica e basta: «Non uso tanto i social, sul mio cellulare ho messo un tempo di utilizzo massimo di due ore al giorno». Capite anche voi che è una rarità.

Ma come si pronuncia Geolier?

«Geoliè, alla francese. Ma va bene tutto».

Che differenza c'è tra Emanuele e Geoliè?

«Anche Emanuele lavora per Geolier, siamo un collettivo, una famiglia».

È nato e vive a Secondigliano, cui è legatissimo. Non è una zona facile.

«Ho capito quello che non dovevo fare anche guardando le altre persone sbagliare. E comunque papà m'ha imparato che bisogna aspettare sempre la fine, come nei film, prima di giudicare. Si pensa che Napoli sia solo Mare fuori o Gomorra. Non è così».

Quando ha iniziato a lavorare?

«A otto, nove anni, lavoravo a cottimo a casa per mio papà che monta lampadari».

Ora a Napoli è un idolo.

«Mi trattano come uno di famiglia».

Da Pino Daniele a Gigi D'Alessio altri artisti hanno faticato a reggere tanta attenzione.

«Mi seguono in strada per avere una foto? Chillo è bello... non mi lamento».

A Sanremo dovrà anche cantare una cover.

«Anche quella sarà in napoletano, anche Amadeus mi ha dato consigli su quale scegliere».

E invece il brano in gara di che cosa parla?

«Parla di una coppia, si separano prendendo ciascuno la propria strada nel massimo rispetto reciproco».

Lei è rapper e ultimamente rapper come Shiva sono finiti in gravi guai giudiziari.

«Shiva per me è come un fratello, non sono in grado di giudicarlo».

Ma è accusato di tentato omicidio. Non crede che possa diventare un esempio negativo per i coetanei?

«Non penso, l'arte non sostituisce gli insegnamenti della famiglia o della scuola».

Quale libro sta leggendo?

«Un libro sulla vita di Berlusconi. Mi piace l'uomo, non necessariamente il politico. Ha creato Mediaset, ha dato lavoro».

I suoi coetanei seguono sempre meno la politica.

«Non ci credono più, seguono altre religioni, come il calcio».

Lei è distante dal cliché dei rapper che esibiscono ricchezza.

«Mi vede con una Ferrari in giro per i rioni di Napoli? O con due Rolex al polso?».

Molti rapper dicono che il rap non è «cosa per donne».

«C'è Anna, che è fortissima. E presto la situazione cambierà».

Geolier, non crede che tutto le stia accadendo troppo in fretta?

«Un po' sì, ho paura di arrivare a un punto in cui non mi evolverò più. Ma non farò mai musica soltanto per vendere e fare soldi».

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