All’Università LUMSA il convegno su «Lo sport paralimpico generatore di Speranza»

All’Università LUMSA il convegno su «Lo sport paralimpico generatore di Speranza»
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In occasione del Giubileo delle persone con disabilità, si è tenuto presso la Sala Giubileo dell’Università LUMSA di Roma, il convegno «Sport paralimpico generatore di Speranza», promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, insieme alla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, con la collaborazione del Comitato Italiano Paralimpico e dell’Università LUMSA, è patrocinato dall'Ufficio nazionale per la Pastorale del Tempo libero, Turismo e Sport della CEI, dal CSI Roma e dall'Osservatorio Italiano Non Profit (OINP).

Il professor Francesco Bonini, rettore dell’Università LUMSA, ha ricordato che «c’era un allenatore di quando ero giovane, Heriberto Herrera, la cui parola chiave era ‘movimiento’. Effettivamente anche Papa Francesco ci ha messo tutti in movimento e la nostra responsabilità collettiva è proprio quella di far sì che questi processi che ha aperto, diventino elementi strutturali, siano presenti, siano organizzati e diventino appunto storia, come quello di cui oggi insieme parliamo e su cui insieme ci impegniamo, cioè lo sport paralimpico, come generatore di speranza».

Il Ministro per le disabilità Alessandra Locatelli ha invece parlato di «inclusione e integrazione come speranza per il futuro. E abbiamo una grande speranza di cambiamento grazie alla Riforma della Disabilità, che ha l’obiettivo di mettere sullo stesso piano elementi essenziali della vita di tutti noi: benessere e salute, formazione, diritto al lavoro, tempo ricreativo e sociale. Siamo tutti uguali e dobbiamo tutti avere le stesse opportunità, come diceva Papa Francesco».

Don Miguel Cardoso, responsabile dello sport del Dicastero per la Cultura e per l’Educazione della Santa Sede ha sottolineato che «lo sport è un luogo di speranza dove tutti possono convivere: il professionista e l’amatore, l’olimpico e il paralimpico, il ricco e il povero, chi è sponsorizzato e chi non lo è, il credente e il non credente. Praticamente uno spazio dove possono coabitare le differenze».

Il segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, suor Alessandra Smerilli, ha detto di aver imparato «che a volte è più facile parlare di temi, come la disabilità per esempio, perché ci mette al riparo dal doverci impegnare in prima persona. Quando invece al centro ci sono le persone con un nome e un cognome, quando parliamo di migranti e non di migrazioni, quando parliamo di persone in una situazione particolare, in un posto particolare del mondo, vuol dire che parliamo di una relazione ed è in questa relazione che si cresce e si cambia insieme». Il presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli ha detto che «serve accendere i riflettori su quelli che non potranno mai arrivare a una Paralimpiade e per i quali occorre il medesimo sforzo, il medesimo coinvolgimento, la medesima capacità di far squadra per rispondere a un loro diritto. Purtroppo le strutture sportive sono inaccessibili e nella scuola i bimbi disabili non sono coinvolti nelle già poche ore di educazione motoria».

L’evento si è concluso con le testimonianze di atleti e atlete paralimpici.

«Lo sport ti permette di gioire, soffrire e poi finalmente dare sfogo a quello che è stato il sacrificio che tu hai fatto per mesi, a volte anni», ha concluso Martina Caironi, tre ori e quattro argenti ai Giochi paralimpici.

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