Un altro scrittore alla sbarra in Turchia

Marta Ottaviani

Ci risiamo. Dopo Orhan Pamuk la Turchia ha deciso di mettere sotto accusa un altro intellettuale. E sempre per colpa di quello che nel Paese chiamano Ermeni Soykirimi Iddialari, il «cosiddetto genocidio armeno». Questa volta è toccato a Elif Shafak, 35 anni e al sesto mese di gravidanza.
Il pubblico ministero del tribunale penale di Beyoglu, a Istanbul, ha chiesto una condanna a tre anni di reclusione per aver infranto l’ormai celebre articolo 301 del nuovo codice penale, quello relativo all’offesa della Repubblica e dell’identità turca. Lo stesso per il quale, lo scorso dicembre Orhan Pamuk ha rischiato tre anni e mezzo di carcere, prima che il processo venisse sospeso per ordine del ministro della Giustizia Cemil Ciçek.
La colpa di Elif è quella di avere scritto un libro, intitolato Baba ve Piç (il padre e il bastardo) nel quale racconta la storia di quattro donne armene e di uno dei loro figli, rimasto in Turchia negli anni del massacro (1915-1917 ndr) e convertitosi all’Islam. La Shafak comparirà il prossimo 21 settembre davanti al tribunale di Beyoglu. Il procedimento a suo carico è partito dalle accuse di Kemal Kerincsiz, avvocato, il cui passatempo preferito sembra quello di individuare scrittori e intellettuali con idee poco in linea con le posizioni ufficiali.
E la vicenda di Elif Shafak rischia di aprire un altro caso diplomatico con l’Unione Europea. Il processo contro Orhan Pamuk ha rischiato di incrinare pensantemente i rapporti fra Bruxelles e Ankara.

Proprio nei giorni scorsi il Commissario all’Allargamento Olli Rehn aveva fatto appello al governo turco per modificare l’articolo 301. La decisione del pubblico ministero di Istanbul sembra quasi fatta apposta per mandare il messaggio contrario.

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