Politica

Amato: è ora di parlare della riforma degli 007

Il titolare del Viminale: «A questo punto un rafforzamento del Cesis non guasterebbe»

Laura Cesaretti

da Roma

Accelerare la riforma dei servizi segreti e attendere gli esiti dell’inchiesta della magistratura milanese sul Sismi: è la linea ufficiale del centrosinistra. «Si può riuscire a presentare il disegno di riforma già a settembre, i tempi non sono necessariamente lunghi», assicurava ieri il segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano.
Insomma, per ora nessun cambio della guardia, nessuna decapitazione politica del Sismi sull’onda dell’emergenza: si attendono - con una certa ansia bipartisan - gli sviluppi dell’inchiesta, e ci si attiene al comunicato di mercoledì sera di Palazzo Chigi, attentamente limato, che ha confermato la fiducia dell’attuale governo al capo del Sismi Niccolò Pollari. Una fiducia «a tempo», la definisce qualcuno, perché «bisognerà vedere cosa c’è scritto nelle carte», dice il ds Luciano Violante. Antonio Di Pietro, titolare dei Lavori pubblici, assicura però che la complicata faccenda finirà già sul tavolo del Consiglio dei ministri di oggi: «Bisognerà iniziare a discuterne», afferma. Quanto a lui, l’ex pm si dice «estremamente preoccupato» per quanto sta avvenendo, e a proposito delle accuse agli uomini dei Servizi fa questo ragionamento: «Certo, il fine non giustifica i mezzi. Ma bisogna anche ricordarsi che il terrorismo internazionale esiste davvero».
Dopo di che, a mezza bocca, molti esponenti del centrosinistra ammettono che nella maggioranza la situazione è tutt’altro che chiara, che c’è uno «scontro» tra diversi schieramenti, che c’è «il partito di Pollari», che raccoglie buona parte dei ds (a cominciare da Massimo D’Alema), e quello che l’esponente di Rifondazione Ramon Mantovani chiama «il partito amerikano» che si richiama al capo della Polizia Gianni De Gennaro, tra i cui esponenti vengono indicati lo stesso Violante e anche il ministro dell’Interno Giuliano Amato. Il quale ieri non si è tirato indietro sull’argomento, e ha risposto alle domande dei cronisti a Montecitorio sul caso del giorno. Che non è, ha tenuto a precisare, «il caso Pollari, che non esiste: al momento esiste un caso Sismi». Amato ha confermato che della riforma si inizierà presto a discutere: «Se ne parlerà, il tema esiste. C’è però l’eterno problema da risolvere di quali siano i limiti perché le operazioni di intelligence risultino o meno lecite». Un problema evidenziato in maniera clamorosa con gli arresti di mercoledì dei due alti esponenti del servizio segreto militare. C’è, ha rilevato Amato, «l’eterno problema delle garanzie funzionali. Quali operazioni coperte devono rimanere incontestate anche se violano le norme? Io non penso che si debba arrivare a uccidere. Ma bisogna capire con chiarezza qual è il limite». Ad esempio, dice della vicenda Abu Omar, «quello che per me può essere un sequestro di persona, per altri può essere soltanto un’operazione di polizia internazionale. Qual è il limite? Deve essere fissato». Quanto al modello della nuova intelligence, Amato frena sull’unificazione: «Se si provasse a fare un servizio unico difficilmente si potrebbe approdare da qualche parte. Anche parlare di rafforzamento del Cesis già sarebbe importante». La soluzione che va prendendo forma, quindi, sarebbe quella di accantonare l’idea di un’unica agenzia, che incontra troppi ostacoli negli apparati, soprattutto militari. Si andrebbe però ugualmente verso una razionalizzazione, evitando sovrapposizioni, con un rafforzamento dei poteri di coordinamento del Cesis. Nomi? Ieri se ne azzardavano un paio: quello di Antonio Manganelli, numero due di De Gennaro, per il Sisde: secondo il tam tam dell’Unione lo vorrebbero Amato e Violante, mentre Rifondazione è contrarissima: «È l’uomo del G8 di Genova», ricordano i bertinottiani. Ieri l’attuale titolare Mario Mori, alle soglie della pensione, è salito a Palazzo Chigi.

E quello del generale Giuseppe Cucchi per il Sismi: compagno di corso alla Nunziatella del ministro della Difesa Parisi, consigliere militare di Romano Prodi a Bruxelles, finora responsabile degli studi strategici alla Nomisma, viene indicato come il candidato del premier.

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