Cultura e Spettacoli

Gli ammutinati del centro commerciale

Una rivolta al «Metro Centre» è la terza puntata del Requiem per la classe media di James G. Ballard. Che avverte: ciò che scrivo in genere si avvera...

Dai primi anni Duemila James Graham Ballard sta componendo il suo «Requiem per la classe media inglese (forse mondiale)». Dopo SuperCannes (2000) e Millennium People (2003), Regno a venire (Feltrinelli, pagg. 294, euro 17,50, traduzione di Federica Aceto) è il terzo movimento di questo «Requiem».
Ballard è sempre stato specialista in catastrofi, distruzioni, apocalissi piccole e grandi, se è vero che «la visione della luce emessa dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki è stata il big bang della mia scrittura». I suoi primi libri, sotto l’egida della fantascienza (la cosiddetta New Wave britannica, che rifiutava l’esplorazione dello spazio esterno stellare per immergersi nello spazio interno della psiche ancestrale), descrivevano la distruzione della Terra da parte dei quattro elementi primordiali: l’aria (Vento dal nulla, 1962), l’acqua (Deserto d’acqua, 1962), il fuoco (Terra bruciata, 1964) e la terra (Foresta di cristallo, 1966).
Ballard si è poi dedicato (La fiera delle atrocità, 1970; Crash, 1973) alla distruzione del microcosmo, dell’individuo come animale politico, sociale, disossato dai «miti d’oggi», dalle automobili e dai mass media. Un deserto cui sfuggire negli ultimi ridotti borghesi, complessi residenziali sempre più sofisticati e paranoici, che (Un gioco da bambini, 1988; Cocaine Nights, 1996) covano i propri mostri. E coloro che dovrebbero studiare i mostri, gli psicologi e gli psichiatri, finiscono bruciati dai loro stessi esperimenti, apprendisti stregoni divorati dagli spiriti evocati. Spiriti animali che sonnecchiano nell’umanità dalla notte dei tempi e che Ballard vede emergere tra le crepe della morente borghesia: «chirurghi e broker assicurativi, architetti e direttori del servizio sanitario... la gente equilibrata e per bene è assetata di violenza».
Il dottor Penrose, lo psichiatra di SuperCannes, incitava i top manager delle multinazionali alla violenza come alternativa alla noia, dimostrazione di vitalità. I borghesi di Chelsea Marina (Millennium People) sono un passo oltre: «un atto di violenza autenticamente gratuito, come sparare a caso sulla folla, catalizza l’attenzione per mesi. L’assenza di un movente razionale ha un significato tutto suo». Mentre le brave persone di Chelsea Marina si ribellano perché «la libertà non ha il codice a barre» e loro si sentono «il nuovo proletariato», strangolato dalle rette delle scuole private, dai rendiconti delle carte di credito e dai tassametri, fuori Londra, nella Brooklands di Regno a venire, i loro omologhi «protetti dai benevoli centri commerciali, aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare in un mondo più carico di passioni».
Il Metro-Centre è il nuovo baricentro della vita sociale: «Un tempo la gente frequentava un sacco di corsi. Non ci sono più: la gente preferisce farsi un giro nel centro commerciale. Nessuno va più in chiesa. A che serve? Le persone trovano il proprio appagamento spirituale nel centro New Age, il primo negozio a sinistra dopo il fast food. Avevamo una vera comunità, non solo una popolazione di registratori di cassa. E adesso è finita». Il «nuovo proletariato» di Brooklands adora i tre enormi orsi-mascotte del Metro-Centre e ha il proprio messia in David Cruise, che nel suo talk-show spiega: «il consumismo è qualcosa di molto più complesso del semplice acquisto di merci. È il modo migliore per esprimere i nostri valori tribali, per entrare in contatto con le speranze e le ambizioni dei nostri simili».
Il popolo del Metro-Centre è formato da «quelli che fanno affidamento sui valori e gli altri ideali sostenuti dal centro e dai suoi negozianti». Ideali che sfociano nel militarismo e nella violenza: «ogni fine settimana Brooklands veniva invasa da ventimila visitatori... rimasi meravigliato dalla loro disciplina, dal modo in cui obbedivano ai bruschi comandi dei volontari della sicurezza che li spingevano verso il Metro-Centre, migliaia di crociati suburbani adorni di loghi che si muovevano come un sol uomo. A intervalli sincronizzati, cercando di far continuare a scorrere sangue di mezza età, falangi di tifosi scattavano sull’attenti e segnavano il passo da fermi».
Come in Millennium People, l’esito finale è la rivolta contro lo Stato per la difesa ancestrale del territorio (lì il complesso residenziale, qui il centro commerciale). Il sogno «folle e disperato» degli ammutinati del Metro-Centre è destinato a replicarsi.

Perché, dice Ballard, «il mondo tende ad assomigliare a quello che scrivo».

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