La Schlein scarica Sala

La leader Pd si piega a Conte: telefona al suo sindaco senza difenderlo. Meloni garantista: "No alle dimissioni se indagato". Centrodestra diviso

La Schlein scarica Sala

Quello di Giuseppe Conte è un vero j'accuse contro la filosofia di Giuseppe Sala. "In una città - sentenzia - devi immaginare uno sviluppo urbanistico che vada incontro ai problemi di tutti. Non puoi svenderla al Qatar o ai milionari. Oggi chi si può permettere di vivere a Milano con i costi che ha? Devi preservare anche l'identità di una città e non solo mettere in piedi un cantiere da due miliardi a Porta Nuova, il più grande d'Europa".

Ed ancora: "La politica non è mettersi al servizio di una parte, di un immobiliarista, di un palazzinaro, deve mediare gli interessi di tutti. In questo ha sbagliato Sala. Né ti puoi inventare il decreto salva Milano, una sorta di sanatoria generale che per di più interveniva a livello nazionale per cui finivi per sanare non solo le beghe meneghine ma anche quelle di Catanzaro. Noi gli abbiamo subito sparato contro. Il Pd qui alla Camera ha votato a favore poi al Senato lo ha silurato. Se siamo stati noi a far rinsavire il Pd? Lei che pensa? Chiedete a loro perché non difendono Sala".

L'ex premier parla su un divano di Montecitorio con un sorriso sornione. Ha l'aria di chi sa di toccare un nervo scoperto dell'alleato, ma non vuole infierire. Anche perché a lui va bene così: ha costretto il Pd ad abbandonare Sala, a gettarlo dalla finestra lo stesso giorno in cui gli ha imposto Roberto Fico come candidato del campo largo in Campania. Quello che colpisce in questa vicenda è proprio l'assenza della sinistra: nessuno del nuovo corso del Pd ha detto una parola, ha spezzato una lancia in favore di Sala. Solo il milanese Majorino, competitor di Sala, si rifugia nel paradosso di dichiarare che la giunta deve andare avanti ma nel contempo chiede di voltare pagina. E dalla Schlein solo una telefonata di rito. Un atteggiamento che in fondo non sorprende: che c'entra Sala con la cultura pauperista e sinistrorsa che si è impossessata del Pd con Elly Schlein? Nulla. Quando il decreto salva Milano arrivò in Senato dopo l'approvazione alla Camera, chi lo mise su un binario morto fu Francesco Boccia, capogruppo ma soprattutto teorico dell'alleanza di ferro con i Cinque Stelle. Oggi Sala è stato immolato sull'altare di quell'alleanza.

Eppure fino a ieri il sindaco di Milano era uno degli uomini immagine, il possibile federatore dell'area moderata del centro-sinistra, il profeta di una nuova idea di sviluppo, un nome spendibile per un posto di governo o anche per un incarico più prestigioso. L'inchiesta ha cancellato tutto: Sala è stato ripudiato, abbandonato. Come Akhenaton il Faraone che impose una nuova religione nell'Antico Egitto, che il giorno dopo la sua morte fu rimosso, dimenticato: per cui furono cancellate le sue effigi, abbattute le sue statue, maledetto il suo nome.

La stessa cosa sta facendo la sinistra con il Faraone di Milano. Anche Sala è morto politicamente perché un'inchiesta, un avviso di garanzia - è la Storia degli ultimi quarant'anni - in questo Paese uccide politicamente. E demolisce tutte le piramidi costruite dal sindaco, le stesse considerate mirabili fino ad un mese fa. Di più è ripudiata la sua religione del "fare" e nella furia iconoclasta che contraddistingue la storia della sinistra quello che ne era l'altare, cioè il nuovo skyline di Milano a cui contribuirono anche i suoi predecessori (da Albertini a Moratti, a Pisapia), da fiore all'occhiello diventa un'imperdonabile colpa.

La vecchia morale comunista che ha germinato nel nuovo Pd non fa sconti: prima l'interesse di partito, la salvaguardia delle alleanze e poi i sogni o presunti tali. Anzi, per un partito che ha fatto della genuflessione al potere giudiziario una ragione di vita basta un avviso di garanzia a trasformare i sogni in incubi. "Appena sento parlare di procure - ammette candidamente anche un riformista come Vincenzo Amendola - mi defilo".

È un automatismo, una reazione incontrollata per cui basta una carta bollata e il Pd scappa. E Sala resta solo: la sinistra (ma era un'altra sinistra) che dieci anni fa lo aveva sedotto e trasformato da "tecnico" in politico, oggi lo ha abbandonato. Gli restano le parole delle anime belle, di quelli che nei partiti vengono considerati dei "cani sciolti", dei Cuperlo, dei Gori, della Quartapelle o di chi come Alessandro Alfieri, capo dei riformisti, lo convinse a candidarsi come sindaco a Milano. Sono parole di solidarietà, elogi che hanno però tanto il sapore degli epitaffi. E in fondo le parole più sentite sono quelle che vengono dall'altro campo, dagli avversari almeno quelli che restano fedeli ad una parvenza di garantismo. "A Milano - ironizza Guido Crosetto - i pm hanno deciso di sostituirsi al legislatore nel campo dell'urbanistica". Mentre il forzista Alessandro Cattaneo mette il dito nella piaga: "È il Pd che lo ha dimenticato, che vuole che si dimetta".

Sono i paradossi del Belpaese. Ieri su quel divano Giuseppe Conte da una parte lapidava Sala ma nel contempo riscriveva la Storia rispetto a quella ufficiale dei 5stelle. "Rispetto ad oggi - spiegava - c'era più libertà d'informazione ai tempi di Berlusconi.

Non parliamo della politica estera: gente come Craxi, Andreotti, D'Alema difendevano davvero l'interesse nazionale. Craxi fece circondare a Sigonella i marines dai carabinieri per imporre la giustizia italiana. Oggi abbiamo i sovranisti de' noantri". Già, nel Belpaese solo il tempo è galantuomo.

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