Sport

Ancelotti, dentro o fuori? I giocatori sono con lui

Il tecnico è deluso, ha patito le critiche di Berlusconi, pensava di restare al Milan Gattuso parla per tutti: "Il 90 per cento dello spogliatoio vuole Carlo". Le altre panchine "bollenti"

Ancelotti, dentro o fuori? 
I giocatori sono con lui

Il «grande incassatore» ha patito il colpo. Il grande incassatore, a Milanello, è per tutti Carlo Ancelotti, capace di resistere otto lunghissimi anni alla corte di Silvio Berlusconi e del Milan senza mai incrinare i rapporti personali, anzi alimentandoli con reciproco affetto e stima e arricchendoli con un cospicuo numero di successi internazionali portati in dono. «Sono l’allenatore con cui il Milan ha conseguito l’attestato di club più titolato al mondo» ama rievocare Ancelotti nei giorni tristi e deprimenti degli insuccessi. Nel suo spogliatoio, dove hanno accesso gli altri componenti dello staff, Tassotti, Filippo Galli e William Vecchi cioè, non volava una mosca.

Il «grande incassatore» ha preferito non parlare ieri mattina al ritorno da Tirana in compagnia di Adriano Galliani, incaricato di tenere vivo e vitale il rapporto, almeno fino al raggiungimento, aritmetico, del posto di Champions. All’aereoporto della Malpensa, il dirigente si è presentato a microfoni e taccuini e ha provato a ricucire rilanciando l’immagine di un Berlusconi «caduto dalle nuvole» mentre il tecnico ha puntato dritto su Milanello per preparare al meglio il viaggio a Udine. Ma una riflessione l’ha fatta, a bassa voce: sarebbe bastata una telefonata, pochi secondi per sgonfiare il caso di Sharm.
Nemmeno il generoso attestato di Rino Gattuso, uno dei componenti storici del Milan ancelottiano, è riuscito a riscaldare il cuore del tecnico che per carattere è portato a non prendere cappello in situazioni del genere, ma sente di aver ricevuto una martellata micidiale alla propria decisione di lasciare da parte le «avances» inglesi e di concludere il proprio mandato con il Milan.

«Ancelotti rimarrà, spero di non sbagliarmi. Nello spogliatoio ha un rapporto bellissimo e più del 90% delle persone che lavorano in società vogliono che lui rimanga» la convinzione di Gattuso, uno che un anno fa venne tentato dall’idea di partire per il Bayern ma, ecco la sua ricostruzione, «fui rinchiuso in una stanza da allenatore e Galliani e lasciato uscire solo quando decisi di restare». Sempre Gattuso è pronto a riconoscere che «quel che dice il presidente è legge dalle nostre parti»: come dire, impossibile far finta di niente, insomma. La preoccupazione di Ancelotti è la seguente: dovesse andar male la stagione prossima, diventerebbe un tormentone. Ma proprio ieri sera, per dimostrare una nuova volta l’attaccamento alla società, il tecnico si è presentato ad una cena organizzata dal Milan club di Saronno.

Di divertente c’è l’azione per identificare il 10% del gruppo che non sta con Ancelotti. Uno è sicuramente Ronaldinho, il cui fratello de Assis, interpellato, ha smentito un ritorno in Brasile non certo un diverso trasferimento in Europa, scontato in caso di conferma di Ancelotti sulla panchina del Milan, meno probabile nel caso di cambio dell’inquilino della panchina. Un altro può essere Andry Shevchenko sul conto del quale si racconta che abbia fatto da tramite tra Abramovich e Ancelotti stesso nell’intento di guadagnarsi, come premio, la rescissione del contratto da parte del Chelsea e come prospettiva l’idea di ritrovarsi con un tecnico diverso da quello che l’ha tenuto inchiodato alla panchina (non per capriccio).

Il patto di Tirana, raggiunto da Galliani e Ancelotti martedì notte alla cena di beneficenza seguita all’amichevole in Albania, prevede di evitare contraccolpi all’obiettivo comune da raggiungere: guadagnare l’accesso al 2° o al 3° posto, magari già sabato sera a Udine. Carlo aveva deciso di rinviare all’estate del 2010 la conclusione della sua esperienza rossonera mettendo da parte la trattativa col Chelsea: era motivato dal record di Nereo Rocco da raggiungere e superare e dalla voglia di riportare il Milan in finale di Champions, ora sarà chiamato a ripensare alla propria posizione. Senza colpi di testa, nè repliche appuntite che non appartengono certo al suo registro personale.

Ancelotti è un incassatore con l’etichetta del signorsì smentita clamorosamente dai fatti: Berlusconi gradiva ai tempi (2003 e 2004) lo schieramento con 2 punte e il trequartista e lui vinse lo scudetto e una coppa Campioni con il famoso «albero di Natale»; Berlusconi sponsorizzava Ronaldinho e lui, da gennaio, l’ha lasciato in panchina. Ad Arcore le scelte tecniche sono rispettate, sgradite risultano le polemiche: nel passato, chi si avventurò su questa strada (Zaccheroni, Capello, ndr), si scottò alla prima occasione.

Perciò Ancelotti, il grande incassatore, ieri a Milanello, aveva il muso lungo e poca voglia di sorridere.

Commenti