Franco Ordine
nostro inviato ad Ascoli
Dietro il primo viaggio del Milan, si nasconde la rivoluzione di Ancelotti. Meditata nelle ultime ore, resa forse indispensabile dallo sciagurato maggio di San Siro e Istanbul, prende forma in un sabato dal tempo indecifrabile, temporale sulla metropoli lombarda, cielo coperto nelle Marche, lungo la rotta che porta ad Ascoli, inattesa debuttante del nuovo torneo di serie A. Lallenatore allergico al turn-over è da oggi, a tutti gli effetti, il simbolo suggestivo del cambiamento milanista che non tiene conto di galloni e appeal e sposa subito la nuova linea: avanti chi sta in forma, non ci sono più titolari inamovibili. «Il gruppo è più ricco di un anno fa, perciò le scelte dellallenatore risultano più complicate» suggerisce Silvano Ramaccioni che è un vecchio lupo di mare e annusa il vento che cambia, la rivoluzione dietro langolo. Se Ambrosini e Serginho risultano i più pimpanti nellagosto milanista, ad Ascoli giocano puntualmente e tolgono la scena del debutto nientemeno che a Gattuso e a Seedorf, tra gli intoccabili di un Milan fa. Quello giunto cotto, per esempio, alla sfida con la Juve dellotto maggio a causa dellostinazione ancelottiana di sottrarsi alla pratica coraggiosa del turn-over dopo il viaggio a Eindhoven, in Olanda. Con loro due, Ambro e Serginho, praticanti nello studio di Pirlo a centrocampo, spingono dalle retrovie della panchina e chiedono spazio anche Rui Costa e Vieri: il primo non gioca perché ha davanti Kakà; laltro, Bobone, se ne sta a casetta a causa della squalifica (due turni) da scontare. Persino la vicenda Maldini ha una chiave di lettura molto interessante. Che sintreccia con le storie e le scelte della precedente stagione. Ve lo ricordate il capitano costretto a farsi più in là, a slittare verso sinistra per lasciare il posto di sentinella centrale a Stam? Be, pratica chiusa, scelta finita in fondo a un cassetto. Maldini non si sposta più e se cè bisogno di scegliere, luno, il capitano, o laltro deve farsi da parte. Sacrificio reso indispensabile dalle condizioni fisiche dei due guerrieri. Maldini, alla ventiduesima stagione, 38 anni suonati, ha problemi al ginocchio destro, una preparazione ancora imperfetta e cartilagini che procurano noie. Prevista per lui una gestione intelligente. Impossibile, insomma, che possa giocare 60 partite. «È come una macchina con un milione di chilometri con un motore sempre affidabile e tirato a lucido» la definizione didascalica che ne dà il preparatore, Tognaccini. Perciò è di ieri la scelta, giudiziosa, di impiegare le prossime due settimane in un lavoro di recupero fisico. «Sapevo di non dover giocare, mi preparo per la partita dopo la sosta» è la spiegazione sincera dellinteressato che rinuncia così a tagliare il traguardo storico delle presenze in serie A finora vantato da Zoff, 570. Se a un monumento come Maldini non viene fatto sconto alcuno, è segno che stavolta Ancelotti tiene tutti sui carboni ardenti.
Perciò in un passaggio così delicato del Milan verso il futuro, a caccia di rivincite «allinsegna della lealtà, del fair-play e dello spettacolo» come confessa Ancelotti, il giorno di Alberto Gilardino finisce quasi in seconda linea. Anche perché lestrazione di due denti del giudizio, voluta da Meesserman, coordinatore dello staff sanitario per metterlo al riparo da eventuali ricadute di pubalgia, lo espone alluso di antibiotici.
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