da Londra
Un'azione «deplorevole» l'ha definita senza peli sulla lingua il premier britannico Gordon Brown già incattivito dai sondaggi che lo mandano a picco e stremato dalle battaglie interne al partito sull'aumento della nuova aliquota fiscale più bassa. Sarà, ma di certo quello di ieri è stato lo sciopero più imponente e significativo che il settore pubblico inglese abbia visto negli ultimi 21 anni. Quattrocentomila dipendenti, per la maggioranza insegnanti, hanno incrociato le braccia, costringendo alla chiusura un terzo degli istituti scolastici di Inghilterra e Galles. Ottomila scuole hanno quindi chiuso i battenti mettendo in difficoltà pratiche soprattutto le famiglie degli alunni che in mancanza di babysitter d'emergenza hanno dovuto rimanere a casa con i figli.
La manifestazione, condannata da tutti i partiti politici, è stata organizzata dal Nut, the National Union of Teachers, sindacato nazionale molto potente che ha promesso di proseguire in questa direzione nel caso il governo si rifiuti di accettare la richiesta di un aumento salariale del 4.1 per cento al posto del 2.45 per cento proposto da Brown. Una bella gatta da pelare per i laburisti che, dall'insediamento di Blair nel 1997 fino a ora, non erano mai stati costretti ad affrontare una rivolta di queste proporzioni. «Mi auguro che si possa andare avanti dialogando nei prossimi mesi - ha commentato ieri Brown - e trovare un accordo», ma Christine Lover, segretario generale del Nut, ha immediatamente replicato di non poter escludere, allo stato attuale, ulteriori scioperi in maggio.
Benché il governo abbia insistito descrivendo l'azione come proveniente da una minoranza degli insegnanti, la percezione è che l'intero settore pubblico si stia rivoltando. Contro Brown ha manifestato ieri perfino uno dei figli di Blair, Nicky, docente in una scuola del West Midlands.
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