Anche per gli Usa la Bretagna non è più Gran

Anche per gli Usa la Bretagna non è più Gran

Settantasei anni dopo la propria fondazione Newsweek si è accorta che la Gran Bretagna non è più tanto Grande, anzi deve darsi una regolata al più presto. Anche gli americani avvertono il fenomeno, l’Inghilterra-Biancaneve pensa di essere in eterno al centro dell’impero e continua a domandare allo specchio: «Chi è la più bella del reame?» trovando risposte sempre più amare e disarmanti. Del resto nel film Spiagge diretto da Garry Marshall, l’attrice Bette Midler pronuncia una battuta che spiega quale sia il pensiero degli americani sui lontani parenti europei: «Quando a New York sono le tre a Londra è ancora il 1938».
In verità il tempo non si è fermato sull’isola della regina, si sono fermate le tradizioni, la guida a destra, la sterlina, la pinta e il gallone, l’assenza di bidet, varie ed eventuali ma l’Inghilterra ha fatto la sua corsa, ha approfittato di un periodo favorevole, è cresciuta ma, per ricordare le parole di Elisabetta, la regina, l’annus horribilis non si è fermato al 1992, quello segnato dai divorzi e dagli incendi, ma ha ripreso a molestare il Regno Unito, sotto forma di crisi finanziaria, di scandali politici, di tagli ai bilanci, in totale di una rilettura del ruolo che la Gran Bretagna ha avuto nell’ultimo secolo e che l’aveva portata a sedere a capotavola negli eventi internazionali più importanti. Oggi gli inglesi occupano lo stesso posto ma quando sono soli, sempre all’inseguimento del sogno imperiale che più non è.
Newsweek, nell’editoriale di Christopher Werth, cita l’esempio più grottesco accaduto nelle scorse settimane: il generale Richard Dannatt, capo dell’esercito di sua maestà impegnato in Afghanistan, è stato costretto a ricorrere, per trasferirsi nella provincia di Helmand, a un Black Hawk americano poiché l’elicottero inglese era fermo per avaria. E proprio la scelta di partecipare attivamente, al fianco delle truppe americane, alle missioni belliche, in Kosovo, in Afghanistan e in Irak, sarebbero la causa principale del declino britannico, la politica di Blair che aveva promesso una «nuova» Bretagna, una «nuova» immagine dopo la «malattia dell’Impero», si è sgonfiata come un materassino bucato.
Gli inglesi tentano di non accorgersene, l’isola permette loro di considerarsi diversi, estranei, superiori; non è più il caso del bollettino meteo che annunciava «nebbia sul canale della Manica, il continente è isolato», anche se la presunzione made in UK porta i colleghi inglesi a confezionare i loro giornali ritenendo l’Europa un’area geografica utile soltanto per le vacanze low cost, territorio di svago, di sballo, di scandalo, così come noi italiani, lo dobbiamo ammettere, pensiamo che l’Inghilterra sia Londra e nient’altro e che a tenerla in vita, nelle corrispondenze dei telegiornali, bastino le beghe dei Windsor o le buffe storie di cronaca.
Il resto è quello che Newsweek conferma e illustra, con qualche settimana di ritardo rispetto alle tesi e opinioni sostenute dal nostro Giornale, pensieri e parole che avevano provocato allergie, reazioni, disturbi del sonno e del risveglio ai colleghi britannici, addirittura erano pervenute proteste ufficiali alla nostra Direzione. Vedremo se anche al civico 251 della 57esima strada di New York, sede di Newsweek, le voci di Londra avranno voglia di reclamare.


Il resto è l’isola che non c’è, perché la Bretagna, se vuole essere di nuove Grande, deve superare la nebbia del canale, aggiornare il calendario con New York, cercarsi un altro posto a tavola, dare una rinfrescata alle redazioni estere dei quotidiani, soprattutto a quelle sul nostro territorio, ridette «copy & paste» (copia e incolla) e accendere qualche luce in più. Perché, come scrisse il poeta e professore Duncan Speath, cittadino very english: «Io so perché il sole non tramonta mai sull’Impero britannico. Perché Dio non si fida di un inglese al buio».

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