Insultato per aver difeso il presidente Berlusconi. Costretto a oscurare i dati personali presenti sul suo profilo perché, oltre agli insulti, gli sono arrivate pure le minacce fisiche per lui e famiglia, con tanto di promessa di aspettarlo sotto casa per dargli una lezione indimenticabile. Insomma, alla fine, il bersaglio del gruppo Facebook «Uccidiamo Berlusconi», accanto al premier, è diventato lui. Lui, che di anni ne ha soltanto 15, e che mai si sarebbe aspettato, per un semplice commento sul social network più popolare del mondo, di finire lui stesso nel mirino, e in maniera tanto pesante da costringerlo a cambiare la sua vita.
«Mi sono spaventato», confessa Roberto (il nome non è il suo), «quello è un gruppo di fanatici, altro che “svago”, come è catalogato. Non mi aspettavo una reazione del genere».
È un ragazzo curioso, Roberto (il nome è di fantasia, ndr). Vive in una grande città italiana, frequenta il liceo, ha tanti amici, e come tutti i suoi coetanei è anche iscritto a Facebook. Non fa politica Roberto, non è iscritto ad alcun partito, del resto è ancora troppo giovane. Ma la politica gli interessa, vuole sapere, vuole capire. E così, quando in tv sente parlare del gruppo «Uccidiamo Berlusconi», da iscritto a Facebook, va a guardare di persona di che si tratta.
«Era catalogato come gruppo di svago – racconta - non avrei mai pensato una cosa simile. Ho dato un’occhiata, ho visto i messaggi di insulti e le minacce di morte al presidente, uno addirittura aveva elaborato un piano di attacco a Palazzo Grazioli stile presa della Bastiglia. Nonostante tanta violenza, continuavo a pensare che si trattasse di uno scherzo. E siccome volevo scrivere qualcosa, ho deciso di iscrivermi, in modo da lasciare anche io il mio commento».
Non ha scritto nulla di eccezionale, Roberto. Solo una breve frase non in linea con i sogni di morte del premier postati dagli altri utenti. Qualcosa tipo «fate tanto i campioni di democrazia e poi volete ammazzare un uomo che è pure presidente del Consiglio, chi è senza peccato scagli la prima pietra». «Ho scritto questo pensiero – continua Roberto – e subito dopo ho spento il computer. L’ho riaperto circa mezz’ora dopo e ho trovato centinaia di messaggi, pesantissimi, di minacce». Roberto indica qualche «perla», così lui stesso le definisce: «Faccione di c... ti scuoio», «Ti vengo sotto casa e ti spacco la faccia figlio di...». Ed ancora «brutto bastardo», «figlio di...» e simpatici epiteti del genere.
Roberto guarda il monitor, non crede ai suoi occhi. Quello che gli sembrava uno scherzo si sta trasformando in un incubo. Un incubo per niente virtuale, visto che dietro quegli insulti ci sono comunque delle persone vere. Persone vere, come lui, che per i meccanismi di Facebook possono arrivare con facilità anche alla città in cui vive, al suo telefonino cellulare, all’indirizzo.
«Per prima cosa – racconta ancora Roberto – sono andato a oscurare i miei dati personali, che ora sono visibili soltanto ai miei amici, non agli estranei, ho tolto tutto. Poi sono tornato nel gruppo “Uccidiamo Berlusconi” è ho scritto un nuovo messaggio, li ho ringraziati per la lezione di democrazia. E in risposta a questo commento anche questa volta ho ricevuto decine e decine di messaggi di insulti. Lo stesso trattamento, del resto, è stato riservato ad altri che come me non erano d’accordo con le minacce di morte al premier, come l’onorevole Santanchè, anche lei coperta d’insulti quando è intervenuta».
Paura? «Sì, mi sono impaurito. Non era un singolo messaggio, erano decine e decine, tutti contro di me. Mi sono spaventato, e al tempo stesso arrabbiato, io non avevo fatto altro che esprimere un’opinione, capisco benissimo che si possa non essere d’accordo, ma la stessa cosa si può dire in maniera più gentile, non con quella violenza. Ho segnalato tre volte il sito agli amministratori, senza dubbio va chiuso».
Nonostante lo spavento, Roberto non vuole modificare la sua vita.
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