Andrea Molaioli, l’allievo che supera il maestro Nanni

E meno male che il verdetto era già scritto. Nel segreto dell'urna, quatti quatti, i 1.258 votanti devono essersi molto divertiti a rovesciare i pronostici della vigilia. Caos calmo, con le sue 18 candidature, era già dato vincitore. Invece, zac!, La ragazza del lago s'è portato a casa tutto. Dieci statuette, le più pesanti, con gran gusto di chi aveva ritenuto esorbitante il consenso piovuto sul film, pure toccante, di Grimaldi. Ironia della sorte, Andrea Molaioli ha lavorato vent'anni all'ombra di Nanni Moretti, da aiuto-regista, sin dai tempi di Palombella rossa. L'allievo supera il maestro? O magari, dietro il riconoscimento plebiscitario andato al giallo dolente, un po' alla Dürrenmatt, col meditabondo Toni Servillo, si può leggere la voglia dei giurati di spedire un segnale chiaro, del tipo: puntiamo sui nuovi talenti, basta premiare i soliti noti. Per il Nanni nazionale, già intristito dall'esito delle elezioni, una seconda batosta, questa sì inattesa. La vittoria politica del Caimano se l'aspettava, la sconfitta di Caos calmo proprio no.
Resta da chiedersi quanto vale, concretamente, il cosiddetto Oscar italiano. A scorrere il Venerdì è difficile dar torto a Silvio Orlando, quando confessa: «Vincere fa piacere ma cambia poco, perderlo, invece, è devastante». Sembra infatti che la statuetta non regali più al film premiato una nuova vita commerciale, sono lontani i tempi di Pane e tulipani o Le conseguenze dell'amore. Eppure a Margherita Buy, prima di conquistare il quinto David della sua carriera, ieri tremavano le gambe, quasi fosse la prima volta. I «pupazzetti dorati», come li chiama Virzì, fanno sempre piacere: ti incoraggiano all'inizio della carriera, ti gratificano dopo, quando l'entusiasmo si attenua.
Magari l'exploit di La ragazza del lago, per tanti versi meritato e rigenerante, si spiega anche con l'assenza di una sfida reale sul fronte dei big. L'anno scorso il duello tra La sconosciuta e Mio fratello è figlio unico mobilitò visioni estetiche e «partiti» cinematografici, stavolta l'esito, pure sorprendente, sembra ascrivibile al piacere tardivo dei giurati di ribaltare le previsioni. Il che dimostra che il meccanismo funziona. Accordi sottobanco potevano verificarsi quando a votare erano in 400, col triplo dei giurati è praticamente impossibile manovrare il risultato.
Dispiace che Il vento fa il suo giro, autentica novità di questa tornata, alla fine sia stato dimenticato. Girato in occitano con attori non professionisti, il piccolo film di Giorgio Diritti meritava di più. Tuttavia le cinque candidature incassate hanno sortito l'effetto positivo di segnalare un film che pareva destinato a una nicchia ultrasofisticata di spettatori.

Quanto allo spettacolo tv, non se ne esce. Lo si pretenderebbe in prima serata su Raiuno, quasi per dovere istituzionale, ma perché mai uno show-passerella così moscio e stenterello dovrebbe fare ascolti decenti? Meglio la seconda serata su Raidue.

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