di Negli anni Settanta vennero realizzate numerose riforme: la possibilità di indire referendum e la creazione delle regioni, che - se attuata bene - avrebbe potuto evitare la nascita dei movimenti federalisti e secessionisti degli anni Novanta ma che invece moltiplicò la burocrazia; inoltre si rinnovò con estrema generosità la legislazione pensionistica e nel 1970 venne varato lo «Statuto dei lavoratori», particolarmente favorevole ai dipendenti. Sia il sistema pensionistico sia le garanzie concesse ai lavoratori sono considerate, a cavallo fra i due millenni, tra le cause principali dell'indebitamento pubblico.
Secondo molti storici e commentatori, la vera risposta del sistema a chi lo metteva drasticamente in discussione fu la cosiddetta «strategia della tensione»: dopo quella di piazza Fontana del 1969, altre stragi senza autore avvennero nel 1974 a Brescia (otto morti), sul treno «Italicus» (dodici morti), e nella stazione di Bologna nel 1980 (ottantacinque morti).
All'ennesima crisi di governo, nel 1972, Leone decise di sciogliere le Camere in anticipo sulla scadenza: era la prima volta che il Parlamento non concludeva la legislatura. Alle elezioni la Dc si mantenne più o meno sugli stessi livelli del maggio 1968 (38,7 per cento contro il precedente 39,1) e così il Pci (27,2 contro il 29,6); il Psi e il Psdi, che nel 1968 si erano presentati uniti nel Psu e si erano poi ridivisi, passarono dal 14,5 al 14,7 complessivo; il Partito socialista italiano di unità proletaria, Psiup, la formazione più a sinistra, crollò (dal 4,4 all'1,9) come il Pli (dal 5,8 al 3,9). A vincere fu proprio quella destra da tutti esecrata e su cui nessuno avrebbe scommesso: uniti, il Msi e il Partito monarchico nazionale ottennero l'8,7 per cento contro il 4,4 e l'1,3 del 1968. Il metodo democristiano continuò a funzionare impedendo la formazione di governi di destra o di sinistra, ma la crisi irreversibile era ormai iniziata. Molti italiani non credevano più al sistema di valori e di vita rappresentato da un partito sul quale era lecito avere molti dubbi. Lo dimostrarono i referendum sul divorzio e sull'aborto, approvati dopo lunghe battaglie rispettivamente nel 1974 e nel 1981. Protagoniste del settennato furono però, paradossalmente, le Brigate rosse, apparse nell'ottobre del 1970, che provocarono un'escalation di sangue finendo per indebolire la credibilità dei movimenti di sinistra. Fu così che gli italiani preferirono «tapparsi il naso» e continuare a votare Dc, secondo il celeberrimo consiglio dato da Indro Montanelli. Alle elezioni del 1976 la Dc rimase stabile al 38,7 per cento, anche se il Pci ebbe il massimo mai ottenuto, il 34,4 per cento.
L'11 agosto 1976 nacque il nuovo governo presieduto da Giulio Andreotti, detto di «solidarietà nazionale» perché appoggiato esternamente da socialisti e comunisti. La mente dell'operazione era Aldo Moro, da quell'anno presidente della Dc, che voleva introdurre piano piano i comunisti nel governo inglobandoli nel sistema. I brigatisti allora individuarono in lui il «cuore dello Stato» e il 16 marzo 1978 Moro fu rapito e tenuto prigioniero per cinquantatré giorni. Mentre si discuteva se lo Stato doveva salvare la vita di Moro, scendendo a patti con i brigatisti, o rifiutarsi di trattare, Andreotti decise di essere inflessibile, e Moro venne ucciso il 9 maggio 1978.
La democrazia italiana aveva vinto di nuovo, ma il prezzo era stato altissimo: la credibilità delle istituzioni era stata portata ai minimi storici.
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