Anno giudiziario, inaugurazione senza toghe

A Bologna scoppia la polemica e il ministro Giovanardi abbandona l’aula: «Toni troppo offensivi»

Marianna Bartoccelli

da Roma

Le poltrone vuote con il cartellino Anm sono state lo scenario comune nei Tribunali dove si è svolta la manifestazione di apertura dell’Anno giudiziario. In ogni città infatti i magistrati dell’Associazione sono rimasti fuori dall’aula per protestare contro le riforme dell’ordinamento giudiziario, e molti dei presidenti delle Corti d’appello hanno dichiarato di aver partecipato per dovere istituzionale, condividendo il gesto dell’Anm. Da Milano a Palermo il pianeta giustizia, rappresentato quest’anno dalle relazioni dei presidenti delle Corti d’appello e non dai capi delle procure generali, come ha stabilito la nuova legge di Castelli, appare sempre più in grave crisi. Tutti d’accordo a denunciare anche quest’anno la lungaggine dei processi come il male più forte. E tutti a puntare il dito contro le «riforme» che, come ha affermato a Roma il presidente Francesco Lo Turco, determinano un «progressivo degrado». Una denunzia grave quella del vertice dei giudici romani a cui ha fatto eco anche il presidente del Tribunale Luigi Scotti. «Dite ai parlamentari - ha detto rivolto al sottosegretario Iole Santelli - di imparare più tecnica legislativa perché certe volte l’errore di una virgola allunga i tempi della giustizia». Alle accuse ha risposto il sottosegretario: «Questa riforma non è mai stata e non è contro la magistratura ma è per qualcuno, per i cittadini, e per qualcosa: un servizio giustizia efficiente. E considerato che la riforma è stata contestata sia dagli avvocati, sia dai magistrati con motivazioni divergenti e contrapposte, significa che la soluzione individuata è equilibrata».
Un’atmosfera di tensione quindi in ogni sede, non soltanto fuori dall’aula dove si svolgevano le assemblee degli aderenti all’Anm, ma anche dentro. Come a Bologna il cui presidente di Corte d’appello, Manlio Esposito, ha fortemente criticato la riforma fatta «con intenti punitivi verso i magistrati», causando la reazione del ministro Carlo Giovanardi. «Sono in grande imbarazzo per i toni offensivi che sono stati usati nei confronti di un Parlamento sovrano - ha risposto lasciando dopo la relazione del presidente il palazzo - li respingo con sdegno». E, anche se poi lo stesso ministro ha smentito, il suo abbandono è sembrato un vero e proprio gesto di protesta.
Anche a Milano una scena molto simile. Relazione dura del presidente Giuseppe Griechi, che ha puntato il dito contro la legge Cirielli e l’affollamento delle carceri: «L’ingestibilità della riforma dell’ordinamento giudiziario - ha detto tra l’altro - che è stata voluta contro le opinioni della Curia, del Foro e dell’Accademia, mai così unanimi, non solo sembra negarci ogni prospettiva di modernità, ma rischia di riportarci indietro nel tempo». A replicare il sottosegretario Vitale che dopo aver definito l’assenza dell’Anm «uno schiaffo verso il Paese», ha affermato che, per quanto lo riguarda, il bicchiere della giustizia «è mezzo pieno» e a proposito della legge sull’inappellabilità ha aggiunto: «Qualunque sarà il voto che daranno i nostri elettori, nostri unici arbitri, porteremo avanti con senso di responsabilità e passionalità i programmi che abbiamo impostato». Vitale ha inoltre sostenuto che nel Paese è in atto «una contrapposizione nei confronti del potere legislativo che non ha precedenti in nessun Paese occidentale».
In ogni tribunale le relazioni hanno messo in evidenza la specificità di ogni situazione. Così a Palermo, dove era presente anche il nuovo presidente della Dna, Piero Grasso. E il presidente della Corte d’appello, Carlo Rotolo, ha rilanciato l’allarme mafia e ha parlato di un «patto scellerato tra le cosche e la «zona grigia» della società civile. Alle proteste dell’Anm ha replicato il ministro Castelli: «Si tratta del solito atto di cieca contrapposizione al Governo» - ha detto.

Aggiungendo: «È curioso che i magistrati, che sono i principali attori della giustizia, insistano nel dire che va male. Spero che nelle Corti si sia parlato della situazione dei distretti, che è lo scopo di queste manifestazioni. Tutto il resto è un déjà vu».

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